Sindrome di Ménière
Osteopatia Genova

Lo Studio di Osteopatia di Paolo Saccardi tratta la sindrome di Ménière.

In molti casi la sindrome di Ménière è associata a scompensi osteopatici per cui l'Osteopatia può costituire un valido aiuto per ridurre l'intensità e la frequenza dei sintomi di questa patologia.

Cenni anatomici

L'orecchio si compone di tre sezioni:

Orecchio interno
L'orecchio interno
Testut-Latarjet, Anatomia Umana
UTET, Vol.IV, pag.960

È interessante notare che l'orecchio interno presenta una connessione molto diretta con l'endocranio e il liquido cefalo rachidiano.

L'orecchio interno, che contiene endolinfa (in blu) e si trova immerso nella perilinfa (in nero), contrae stretti rapporti con il liquor (in giallo), il liquido cefalo rachidiano che avvolge e si insinua nel Sistema Nervoso Centrale.

La struttura anatomica che collega l'endocranio con l'orecchio interno è il dotto endolinfatico (n° 11 in figura) che, dal lato craniale, termina con il sacco endolinfatico (freccia rossa), a diretto contatto con la dura madre (meninge esterna) e il liquor (in giallo).

Cosa è la sindrome di Ménière

La sindrome di Ménière è una patologia dell'orecchio interno.

Nello specifico la sindrome di Ménière riguarda i disturbi del labirinto membranoso, o semplicemente labirinto.

Dal momento che l'orecchio ha una duplice funzione, vestibolare e uditiva, la sindrome di Ménière causa problemi sia vestibolari che uditivi.

Da un punto di vista epidemiologico la sindrome di Ménière colpisce 12 persone su mille, prevalentemente il sesso femminile e dopo i 40 anni; inoltre nel 7% - 10% dei casi vi è una connotazione familiare.

Normalmente la sindrome di Ménière colpisce un solo orecchio ma nel 15% - 40% dei casi si estende anche all'altro orecchio nel giro di 2 – 3 anni.

Cause

La sindrome di Ménière ha cause ancora ignote.

Sulla base dell'ipotesi maggiormente accreditata la sindrome di Ménière sarebbe causata da un accumulo eccessivo di endolinfa nel labirinto membranoso dell'orecchio interno: questo fenomeno è conosciuto come idrope endolinfatica o semplicemente idrope.

Tuttavia è noto che molte persone con idrope endolinfatica non sviluppano la sindrome di Ménière per cui tale ipotesi, per quanto accettata da molti Medici, presenta aspetti controversi.

In alcuni casi la sindrome di Ménière può essere associata a determinate patologie le quali, comunque, non possono esserne considerate una vera e propria causa.

Le più comuni sono:

Da un punto di vista osteopatico, nei Pazienti affetti da sindrome di Ménière è sempre possibile osservare la presenza di significative restrizioni dinamiche a livello del cranio.

La funzionalità dinamica del cranio è importante poiché, come abbiamo visto in precedenza, l'endocranio è strettamente collegato all'orecchio interno per mezzo del dotto endolinfatico.

Questa connessione fa sì che le alterazioni osteopatiche della dinamica liquorale possano riflettersi sull'orecchio interno in maniera molto diretta.

Tali alterazioni, del resto, molto spesso sono alla base di sensazioni di vertigine di instabilità anche al di fuori di quadri conclamati di sindrome di Ménière.

Le alterazioni dinamiche del cranio, in ogni caso, non si presentano mai isolate ma rientrano in più ampi quadri adattativi che coinvolgono l'intero organismo, in particolare per quanto riguarda il sistema propriocettivo.

In altri termini, la sindrome di Ménière e, in generale, le alterazioni vestibolari, propriocettive e talvolta uditive sono molto spesso il risultato di un disordine generale dell'intero organismo.

Segni e sintomi

In Medicina un "segno" è un'evidenza oggettiva, come un rossore sulla pelle che chiunque può vedere, mentre un "sintomo" è una percezione soggettiva, come un dolore percepito unicamente dal Paziente.

La sindrome di Ménière non presenta nessun segno distintivo mentre è caratterizzata da un quadro sintomatico abbastanza tipico in cui è possibile distinguere:

L'intensità dei sintomi può aumentare nel corso del tempo per cui non di rado la sindrome di Ménière presenta un carattere evolutivo.

Nelle prime fasi gli episodi sono relativamente poco frequenti, nel senso che si possono avere 3 o 4 crisi al giorno di circa 20 minuti ciascuna e un numero di crisi annue variabile fra 6 e 11.

Nelle fasi più avanzate il tutto acquisisce un carattere di permanenza e questa condizione può creare problemi molto invalidanti e limitare l'autonomia del Paziente.

In particolare spesso è colpito l'udito, nel senso che è possibile arrivare addirittura alla sordità completa.

Diagnosi

La diagnosi di sindrome di Ménière viene formulata dall'Otorinolaringoiatra (ORL) che si avvale di:

Per quanto riguarda l'esame obiettivo è innanzitutto necessario accertarsi che le crisi vestibolari durino almeno 20 muniti e che si susseguano con una certa frequenza.

Inoltre è possibile valutare l'equilibrio tramite semplici test come il test di Romberg mentre la funzione uditiva viene generalmente esaminata per mezzo di test audiometrici o elettrococleografia.

In generale viene comunque valutata la situazione encefalica tramite diagnostica per immagini come risonanza magnetica nucleare (RMN) o tomografia assiale computerizzata (TAC).

Una grande rilevanza ha diagnosi differenziale per escludere patologie simili alla sindrome di Ménière come neurinoma del nervo acustico, attacco ischemico transitorio (TIA), anomalie delle arterie vestibolari, effetti collaterali di farmaci, spondilosi cervicale, emicrania, malattie sistemiche (sifilide, anemia, ecc.).

È ancora importante capire che un'eventuale accumulo di liquido a livello endolinfatico non è percepibile direttamente ma solo indirettamente.

Questo significa che NON sono sintomi tipici della sindrome di Ménière:

Questi sintomi sono piuttosto tipici di un'otite media.

Terapia

Dal momento che la causa della sindrome di Ménière è sconosciuta, al momento non esiste una terapia specifica per questo genere di problema.

Le uniche terapie possibili sono terapie sintomatiche rivolte a combattere non la malattia in sé quanto piuttosto i suoi sintomi.

Le terapie generalmente proposte sono:

Nella maggior parte dei casi i Pazienti imparano a convivere con la sindrome di Ménière cercando di tamponare i sintomi nei momenti di maggiore acuzie.

Nonostante questo però la tendenza al peggioramento dei sintomi tende spesso a incidere negativamente sulla qualità della vita.

Trattamento osteopatico della sindrome di Ménière

La sindrome di Ménière è quasi sempre accompagnata dalla presenza di un disordine funzionale generalizzato, soprattutto a livello cranio-cervicale.

L'Osteopatia va a riequilibrare questo tipo di disordine favorendo la remissione di gran parte della sintomatologia tipica della sindrome di Ménière.

Quindi l'Osteopatia è molto utile per migliorare:

Allo scopo di intervenire efficacemente sul quadro sintomatico della sindrome di Ménière, non è sufficiente intervenire a livello vestibolare ma è necessario effettuare un riequilibrio funzionale globale dell'intero organismo.

I settori di maggiore interesse sono comunque il cranio e il tratto cervicale, per quanto anche altri distretti, come per esempio il tronco o il piede, possano essere sede di adattamenti funzionali in grado di compromettere l'equilibrio e la stabilità.

Adattamenti osteopatici cranio-sacrali

In caso di sindrome di Ménière, il riequilibrio della corretta funzionalità del sistema cranio-sacrale è assolutamente prioritario.

In questi casi, infatti, a livello craniale si osservano quasi sempre stati compressivi o comunque non fisiologici in grado di alterare la dinamica degli elementi cranici.

Le ossa craniche sono infatti dotate di una minima mobilità reciproca per cui il cranio, nel suo complesso, è una struttura non statica ma dinamica.

Questa dinamica si esprime sia da un punto di vista meccanico, con movimenti globali di espansione e retrazione, sia da un punto di vista idraulico, con fluttuazioni ritmiche sulle masse liquide cioè ematica, linfatica e soprattutto liquorale.

La dinamica del liquor, cioè del liquido cefalo rachidiano, è particolarmente interessante a questo proposito poiché, come già esposto precedentemente, esistono collegamenti diretti fra il compartimento liquorale meningeo e l'endolinfa del labirinto membranoso dell'orecchio interno.

In altri termini la dinamica del cranio può alterare la pressione e le fluttuazioni dell'endolinfa.

Ma la perturbazione fisica dell'endolinfa non è l'unico meccanismo potenzialmente responsabile di una sintomatologia acustica o vestibolare.

Per esempio le tensioni dell'osso temporale possono portare uno stress sul nervo stato-acustico, che penetra appunto nel meato acustico interno della rocca petrosa.

Il nervo stato-acustico raccoglie la sensibilità uditiva e vestibolare per cui uno stress dinamico di questo nervo può creare problemi di conduzione delle sue fibre e conseguenti disagi sia acustici che vestibolari.

Oltre a questo esistono anche altri meccanismi a partenza craniale potenzialmente responsabili dello sviluppo di un deficit acustico o vestibolare: si potrebbero fare altri esempi.

In ogni caso è importante comprendere che il riequilibrio della corretta funzionalità cranio-sacrale rappresenta un passaggio obbligato nella riabilitazione della sindrome di Ménière.

Adattamenti osteopatici cervicali

A livello cervicale si riscontrano molto spesso adattamenti in grado di compromettere la funzione dell'equilibrio.

Innanzitutto possono essere presenti tensioni muscolari.

In generale le afferenze propriocettive, cioè le informazioni che arrivano al cervello dall'apparato locomotore (ossa, muscoli, legamenti, tendini, ecc.), devono essere coerenti con le informazioni visive e vestibolari.

In questo modo, se il cervello riceve un set di informazioni coerenti, capisce che la testa è, per esempio, inclinata a destra e regola le risposte periferiche di conseguenza.

Se il set di informazioni risulta invece incoerente, allora il cervello non sa bene come rispondere e la sensazione della persona è quella di instabilità generale.

In generale si crea un'incoerenza propriocettiva quando uno degli "informatori" restituisce informazioni errate: per esempio un danno al labirinto può essere una causa di instabilità, come anche un problema visivo.

Per quanto riguarda gli adattamenti osteopatici a livello cervicale, una delle cause di incoerenza è rappresentata dalla presenza di contratture muscolari a livello cervicale.

Una contrattura a livello cervicale altera infatti gli input propriocettivi a partenza cervicale e, in questo modo, si crea una sensazione di instabilità.

Uno dei principali gruppi muscolari responsabili di situazioni simili è il gruppo dei muscoli sotto-occipitali ma, in generale, tutte le contratture cervicali possono portare problemi di instabilità.

Un altro disagio funzionale a partenza cervicale è rappresentato dalla compressione dell'arteria vertebrale.

Le vertebre cervicali presentano due orifizi circolari, uno per ciascun lato; essendo le vertebre cervicali impilate l'una sull'altra, gli orifizi tendono a creare un canale di percorrenza che è occupato dall'arteria vertebrale.

L'arteria vertebrale
L'arteria vertebrale
Balboni & Co., Anatomia Umana, Edi-Ermes
Vol 1, pag.449

Questa arteria porta sangue alla porzione posteriore del cranio, quindi anche alla zona dell'orecchio interno.

In alcuni casi, disguidi funzionali a livello cervicale possono causare problemi di compressione a livello dell'arteria vertebrale trasformando il flusso sanguigno in un fenomeno intermittente.

In questo modo il sangue non arriva regolarmente al cervello e questo può creare problemi all'orecchio interno, soprattutto all'apparato vestibolare andando a procurare mancanza di equilibrio e instabilità.

Ancora a livello cervicale sono presenti numerosi gangli ortosimpatici da cui dipendono numerose funzioni neurovegetative.

Non tutte le alterazioni neurovegetative rientrano direttamente nel corredo sintomatico della sindrome di Ménière ma molte di esse possono creare notevoli disagi.

Adattamenti osteopatici toracici e dorsali

Il tronco è spesso sede di adattamenti muscolo scheletrici che possono ripercuotersi verso l'alto e disturbare le strutture soprastanti, cioè il tratto cervicale e il cranio.

Innanzitutto moltissimi muscoli che fanno riferimento al tratto cranio-cervicale originano a livello dorsale: non solo il muscolo trapezio ma anche i numerosi muscoli delle docce vertebrali, localizzati posteriormente, e i muscoli prevertebrali, localizzati anteriormente alle vertebre.

Inoltre gli organi del torace, quindi il pericardio, i legamenti degli organi respiratori e cardio-circolatori, l'esofago e le fasce endotoraciche, possono dare origine a tensioni interne in grado di alterare la corretta funzionalità cranio-cervicale.

La faringe, per esempio, si inserisce a livello del tubercolo faringeo dell'osso occipitale, grossolanamente localizzato in fondo alla gola, per cui una tensione dell'esofago può creare problemi a livello craniale.

Infine anche le contratture del diaframma possono portare tensioni a livello cervicale: il diaframma, infatti, trazionando verso il basso esofago e pericardio, porta tensioni sulle strutture a monte.

Adattamenti osteopatici dell'arto inferiore e del piede

Nella genesi di problemi di equilibrio e stabilità, fra cui è compresa la sindrome di Ménière, l'arto inferiore e soprattutto il piede hanno un ruolo più indiretto ma non del tutto trascurabile.

A partire dal piede, infatti, originano afferenze propriocettive che portano al cervello informazioni riguardanti i carichi, il posizionamento del corpo e l'assetto dinamico del passo.

Alterazioni funzionali a livello del piede vanno a falsare questo genere di informazione con tutte le conseguenze già descritte in precedenza.

La revisione dell'arto inferiore e del piede è pertanto necessaria.

Molto spesso si trovano adattamenti a livello della fascia plantare in tutte le sue sezioni, quindi sul tallone, soprattutto la parte interna, l'incavo del piede e le teste metatarsali.

A volte anche le dita sono compromesse, soprattutto quando si hanno dita a martello o alluce valgo.

La caviglia è spesso coinvolta, specie per quanto riguarda il versante esterno, dove si riscontrano spesso tensioni.

Anche il polpaccio deve essere sempre analizzato poiché spesso presenta contratture in profondità che spesso tendono a manifestarsi come crampi notturni.

Tutte queste zone devono essere sempre riequilibrate poiché hanno un ruolo decisivo nella stabilità e nella dinamica generale della persona.

Casi reali

Riferisco il caso di una Paziente pensionata di 57 anni con sindrome di Ménière diagnosticata da circa sei mesi.

Questa Paziente ha sempre sofferto di problemi cervicali, nel senso che ormai da anni riferiva frequenti attacchi cervicali della durata di qualche giorno con nausea e capogiri.

Nel corso dell'ultimo anno, tuttavia, la situazione è variata poiché non solo gli attacchi si sono intensificati e i sintomi si sono acutizzati ma sono sopraggiunti anche sintomi uditivi, in particolare un acufene all'orecchio destro.

Inoltre gli attacchi di labirintite si sono trasformati in una causa di semi-invalidità poiché nelle fasi acute la Paziente era costretta a stare a letto per qualche giorno ma, anche al di fuori degli episodi acuti, aveva una sensazione di instabilità cronica che la rendeva molto insicura.

Dal momento che questa Paziente vive sola, questo aspetto si era ormai trasformato in una fonte di preoccupazioni costanti e di apprensione poiché temeva di perdere la propria autonomia.

La Paziente aveva tentato di tamponare il problema con collari, sedute di fisioterapia, ginnastica vertebrale, agopuntura, cioè con rimedi già da lei conosciuti ma che tuttavia non avevano sortito l'esito sperato.

È giunta infine all'Osteopatia su consiglio dell'Otorinolaringoiatra, il quale sospettava la presenza di una possibile compromissione funzionale.

In effetti all'esame osteopatico questa Paziente presentava importanti restrizioni su tutta la zona cervicale e craniale, in particolare a livello delle spalle e dei muscoli del tratto cervicale basso.

Ridotti gli adattamenti, la situazione generale è molto migliorata, per quanto non tutti i sontomi siano del tutto scomparsi.

Gli attacchi di labirintite sono molto diminuiti di intensità e di frequenza, per lo meno sulla base di un'osservazione di circa un paio di mesi, cioè si sono presentati due attacchi in due mesi, peraltro concentrati prevalentemente nel primo mese.

In condizioni standard la sensazione di instabilità non si è più ripresentata, nel senso che, soprattutto a partire dal secondo mese, la Paziente è tornata a uscire dal sola, pur con prudenza, ma senza la sensazione di sbandare e senza paura di cadere.

La Paziente non ha più riferito nausea né altre sintomatologie neurovegetative mentre l'acufene purtroppo non è migliorato.

Nel complesso sono state effettuate quattro sedute in due mesi: la Paziente è stata ancora risentita a distanza di diverse settimane dopo l'ultima seduta e ha riferito che qualche piccolo episodio di instabilità si era ancora verificato ma la situazione generale era molto migliorata e i benefici del trattamento erano stati sostanzialmente mantenuti.

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