Vulvodinia
Osteopatia Genova
Lo Studio di Osteopatia di Paolo Saccardi tratta le Pazienti affette da vulvodinia.
La vulvodinia rappresenta un'affezione di competenza ginecologica ma in molti casi alla patologia può essere associato un adattamento osteopatico che ne peggiora il quadro sintomatico.
Per mezzo delle tecniche osteopatiche è possibile alleggerire le tensioni a carico del bacino e del pavimento pelvico contribuendo in questo modo a ridurre i sintomi della vulvodinia.
- Trattamento osteopatico
- Casi reali
- Cenni anatomici
- Cosa è la vulvodinia
- Classificazione
- Cause
- Segni e sintomi
- Diagnosi
- Terapia
Cenni anatomici
Con il termine vulva si intende quella specifica regione anatomica della donna situata fra le due branche ischio pubiche che circonda l'accesso alla vagina e coincide con gli organi genitali esterni femminili.
La vulva è a sua volta costituita da diversi elementi anatomici:
- Monte del pube: si tratta della regione situata superiormente alla vulva, in corrispondenza della sinfisi pubica, costituita da cute e sottostante tessuto adiposo.
- Grandi labbra: due pliche cutanee di un certo spessore che costituiscono i limiti laterali della vulva.
- Piccole labbra: due pliche cutanee più mediali e meno spesse delle precedenti che circondano l'orifizio esterno della vagina.
- Vestibolo vulvare: area compresa fra le due piccole labbra che conduce all'orifizio vaginale e all'uretra.
- Clitoride: piccolo organo erettile situato superiormente al vestibolo.
- Orifizi ghiandolari: relativi alle ghiandole di Bartolini e Skene che producono un liquido lubrificante funzionale a facilitare i rapporti sessuali.
- Orifizio uretrale: si trova superiormente all'orifizio vaginale.
Cosa è la vulvodinia
Con il termine vulvodinia si fa riferimento ad una patologia riferita alla vulva caratterizzata soprattutto da dolore cronico.
La vulvodinia colpisce il 12% - 15% delle donne e molto spesso assume connotazioni di cronicità a causa di diagnosi spesso tardive dovute a ostacoli non di rado di natura psicologica.
Infatti spesso la vulvodinia è sottovalutata, essendo considerata un problema riconducibile a cause psicosomatiche o sperando che si risolva spontaneamente.
Classificazione
La vulvodinia può essere classificata in base sia alla modalità di insorgenza dei sintomi che alla localizzazione dei sintomi.
Classificazione in base alla modalità di insorgenza dei sintomi:
- Vulvodinia provocata: i sintomi si scatenano in seguito a precisi eventi, come penetrazione o contatto.
- Vulvodinia spontanea: i sintomi sono sempre presenti.
Classificazione in base alla modalità localizzazione dei sintomi:
- Vulvodinia generalizzata: i sintomi coinvolgono non solo la vulva ma anche il perineo e la zona perianale.
- Vulvodinia localizzata: i sintomi sono localizzati in maniera specifica su alcune zone come il vestibolo (vestibolodinia) o il clitoride (clitoridodinia).
Esiste poi la vulvodinia disestetica o vulvodinia essenziale, una forma particolare di vulvodinia detta tipica della menopausa caratterizzata da sintomi vulvari estesi anche al retto e all'uretra.
Cause
La vulvodinia è generalmente considerata una patologia multifattoriale, cioè originata da più cause fra cui:
- Cause infiammatorie: iperattività dei mastociti.
- Cause legate ad abitudini errate: scarsa igiene o utilizzo di prodotti allergenici.
- Cause patologiche: a volte la vulvodinia è espressione di altre patologie o deriva da altre patologie (secchezza vaginale, ecc.).
- Cause somato-emozionali.
- Cause neurogene: nevralgia del nervo pudendo.
- Cause neurovegetative: secchezza vaginale.
- Cause funzionali: ipercontrattilità del pavimento pelvico.
Le cause neurogene, neurovegetative e funzionali possono spesso essere ricondotte a cause osteopatiche.
Molto spesso infatti, in caso di vulvodinia, si riscontrano adattamenti funzionali a livello del bacino di una certa rilevanza, come per esempio restrizioni di mobilità sacro-iliache, contratture del pavimento pelvico, tensioni della vescica e dell'utero, squilibri della sinfisi pubica, ecc.
In altri termini le strutture muscolo fasciali, neurologiche e vascolari localizzate a livello pelvico si trovano in difficoltà.
La compromissione funzionale del bacino e dei suoi annessi spesso dà origine a distonie neurovegetative e a sintomatologie riflesse che coinvolgono la vulva in maniera molto diretta.
Per esempio una contrattura permanente del pavimento pelvico può provocare una difficoltà alla penetrazione da cui un'irritazione permanente della zona vulvare.
Allo stesso modo una tensione del pavimento pelvico può provocare un'irritazione del nervo pudendo e una conseguente irritazione della zona vulvare.
Segni e sintomi
Le espressioni sintomatiche tipiche della vulvodinia sono:
- Dolore e bruciore, sia spontaneo che di contatto.
- Eritema: rossore localizzato soprattutto in prossimità dell'ingresso vaginale.
- Dispareunia: il dolore durante i rapporti sessuali è sempre presente.
- Sensazione di puntura di spilli
- Secchezza vaginale
- Gonfiore vulvare
A questo possono aggiungersi sintomi associati come:
- Vaginismo
- Nevralgia del pudendo
- Pubalgia
- Dolore all'inguine
- Mal di schiena
- Sciatica
- Endometriosi
- Dolore al coccige
- Anorgasmia
Diagnosi
La diagnosi di vulvodinia vene formulata dal Ginecologo il quale si basa su una serie di accertamenti.
Innanzitutto una vulvoscopia, cioè un'ispezione della vulva per verificare la presenza di malformazioni, infezioni, distrofia, ecc.
Spesso viene effettuato lo swab test, vale a dire vengono effettuate alcune leggere pressioni con un cotton-fioc in precisi punti della vulva per verificare la presenza di allodinia, cioè sensazione dolorosa scatenata da stimoli innocui.
Infine può essere prescritta anche un'elettromiografia del pavimento pelvico soprattutto per verificare la tonicità del muscolo elevatore dell'ano.
Terapia
La vulvodinia ha una base multifattoriale per cui la terapia si articola in diverse modalità di approccio.
Trattamento farmacologico
Il trattamento farmacologico è mirato soprattutto alla riduzione del dolore e a combattere la depressione.
I farmaci antidolorifici, applicati a livello vulvare, sono soprattutto lidocaina, un anestetico, e sodio cromoglicato, un antinfiammatorio.
Inoltre possono essere somministrati farmaci antidepressivi come amitriptilina o gabapentin.
Psicoterapia
Gli aspetti psicologici ed emozionali collegati alla vulvodinia possono essere affrontati attraverso un aiuto psicoterapico.
In particolare trovano largo impiego la psicoterapia cognitivo-comportamentale e la terapia sessuologica oltre che tecniche per la gestione dello stress portato dalla cronicità e dalla natura stessa dei sintomi.
Riabilitazione del pavimento pelvico
La riabilitazione del pavimento pelvico rappresenta un settore di competenza osteopatica.
Esistono comunque anche metodiche fisioterapiche finalizzate a questo scopo fra cui ginnastica pelvica con biofeedback elettromiografico.
Trattamento osteopatico della vulvodinia
La vulvodinia ha spesso una componente funzionale, legata soprattutto a squilibri del bacino e del pavimento pelvico.
Per mezzo delle tecniche osteopatiche è possibile ridurre tali squilibri e riarmonizzare le strutture pelviche e perineali.
In questo modo la tecnica osteopatica contribuisce a ridurre i sintomi della vulvodinia, talvolta in maniera significativa.
Certamente, come sopra esposto, la causa della vulvodinia è multifattoriale per cui, attraverso l'Osteopatia, non sempre è possibile arrivare a una soluzione definitiva del problema.
In ogni caso è comunque sempre opportuno effettuare una consultazione osteopatica per escludere o eliminare la presenza di un eventuale adattamento funzionale.
Vediamo a seguire la modalità di intervento osteopatica in caso di vulvodinia.
Adattamenti osteopatici cranio-sacrali
In caso di vulvodinia il sistema cranio-sacrale deve essere riequilibrato per almeno due motivi.
Innanzitutto gli adattamenti funzionali del cranio danno origine a restrizioni meccaniche del bacino, in particolare andando a compromettere e a limitare la mobilità delle articolazioni sacro-iliache.
In secondo luogli le tensioni della base del cranio portano a squilibri della sfera neurovegetativa e dell'asse ipotalamo-ipofisario.
Ricordiamo brevemente che l'ipofisi, che regola la maggior parte dei tassi ormonali, ha sede nella sella turcica dell'osso sfenoide, un osso craniale.
Inoltre gli adattamenti della base del cranio creano compressioni a livello del quarto ventricolo, una cavità interna del cervello, sul cui pavimento ha sede il tronco encefalico con i nuclei dei nervi cranici.
Gli adattamenti craniali, in estrema sintesi, sono in grado di procurare al tempo stesso alterazioni meccaniche, neurologiche e vascolari a carico del bacino.
Per questo motivo un riequilibrio cranio-sacrale deve essere effettuato prima di iniziare un lavoro diretto alla zona pelvica.
Adattamenti osteopatici del tratto lombare
Dal tratto lombare alto, fra T12 e L2, originano i nervi ileoipogastrico, ileoinguinale e genitofemorale che innervano i genitali esterni, soprattutto le grandi labbra, oltre che i tratti cutanei circostanti.
Una perturbazione funzionale del tratto lombare alto può quindi ripercuotersi sulla sensibilità di queste zone producendo sintomatologie dolorose o urenti.
La piena funzionalità degli elementi vertebrali deve essere quindi garantita: a tale scopo è necessario verificare la libertà delle articolazioni vertebrali ma soprattutto lo stato di tonicità dei muscoli delle docce vertebrali oltre che dei muscoli psoas e diaframma, i quali presentano importanti ancoraggi a questo livello.
Il tratto lombare basso, soprattutto L4 – S1, presenta invece strette connessioni con il bacino per cui la libertà di questa zona deve essere altrettanto garantita.
Adattamenti osteopatici del bacino
La libertà funzionale delle articolazioni sacro-iliache dipende in larga misura dalla buona funzionalità del sistema cranio-sacrale, per cui innanzitutto è necessario intervenire su questo settore, come già sottolineato precedentemente.
A livello del bacino è comunque necessario verificare il livello tonico della muscolatura intrinseca e la il grado di mobilità degli organi interni.
Da un punto di vista muscolare devono essere revisionati innanzitutto i muscoli extrarotatori dell'anca, un gruppo di elementi potenti le cui contratture sono in grado di destabilizzare la dinamica pelvica in maniera significativa.
In particolare le tensioni dei muscoli medio gluteo e piriforme hanno un ruolo notevole nella genesi di disfunzioni iliache.
Inoltre il livello di mobilità degli organi interni deve essere sempre testato e, in caso di restrizioni, ripristinato su standard fisiologici.
In particolare la vescica ma anche l'utero, che talvolta assume una posizione retroversa provocando squilibri funzionali a livello del piccolo bacino.
Adattamenti osteopatici del pavimento pelvico
Il pavimento pelvico è parte integrante del bacino e deve essere trattato nell'ambito del trattamento del bacino.
Tuttavia, a causa del suo stretto collegamento con le problematiche di vulvodinia merita una menzione a parte.
Il pavimento pelvico è un piano fibromuscolare che chiude interiormente il piccolo bacino e offre appoggio ai visceri soprastanti, cioè vescica, utero e retto.
Da un punto di vista anatomico il pavimento pelvico si distingue in una porzione posteriore, costituita dal muscolo elevatore dell'ano, e da una porzione anteriore, denominata diaframma urogenitale, che offre apertura agli osti vaginale e uretrale.
Il diaframma urogenitale, in particolare, è costituito da tre strati.
Lo strato superficiale è costituito da due coppie di elementi muscolari denominati muscoli ischio-cavernosi e bulbo-cavernosi, fra i quali è presente una lamina fibrosa. I due muscoli bulbo-cavernosi, in particolare, costituiscono un anello muscolare intorno all'orifizio vaginale.
Lo strato intermedio è rappresentato dai muscoli trasversi profondi del perineo e dal muscolo sfintere striato dell'uretra.
Lo strato profondo è costituito dai fasci pubo-coccigei e pubo-rettali del muscolo elevatore dell'ano.

Testut-Latarjet, Anatomia Umana
UTET, Vol.VI, pag.351
Tutti questi strati contribuiscono alla costituzione di una sorta di anello muscolare (freccia rossa) sottostante la vulva per cui le contratture di questi elementi possono disturbare il transito attraverso la vagina oltre che la vascolarizzazione e l'innervazione della vulva.
Inoltre a livello pelvico sono presenti i due nervi pudendi i quali innervano tutta la zona perineale per cui una compressione o uno stiramento di tali elementi contribuisce a provocare sintomatologie a livello della vulva.
Gli adattamenti funzionali del pavimento pelvico sono quindi largamente responsabili di sintomatologie vulvari per cui una revisione di questi elementi è indispensabile in caso di vulvodinia.
Adattamenti osteopatici degli arti inferiori
Le tensioni degli arti inferiori non vanno sottovalutate poiché spesso provocano catene funzionali ascendenti in grado di destabilizzare il bacino.
In particolare le tensioni delle catene mediali, vale a dire le contratture dei muscoli adduttori, sono spesso responsabili di tensioni che si scaricano sulle branche ischio pubiche e, di riflesso, sulla parte anteriore del pavimento pelvico.
In alcuni casi tali adattamenti partono da molto in basso, addirittura dal piede per cui è necessario ispezionare l'arto inferiore a trecentosessanta gradi.
Casi reali
Riferisco il caso di una Paziente di 24 anni con diagnosi di vulvodinia da circa tre anni.
Questa Paziente era già seguita dal Ginecologo il quale aveva proposto un piano terapeutico basato su rimedi farmacologici.
Tuttavia la soluzione farmacologica negli ultimi mesi aveva perso efficacia, forse per un problema di assuefazione forse per un peggioramento del quadro clinico generale.
La Paziente ha optato quindi per la via osteopatica su consiglio dello stesso Ginecologo il quale ha reputato utile tentare un approccio complementare nel tentativo di ridurre la sintomatologia funzionale e rendere maggiormente efficace il trattamento farmacologico.
All'esame osteopatico la Paziente presentava un disordine generale soprattutto a carico del pavimento pelvico e degli arti inferiori che creavano catene ascendenti a partire dai piedi, soprattutto il piede destro.
Il trattamento si è svolto in tre sedute spalmate in un mese.
Al termine dell'iter osteopatico la situazione generale è decisamente migliorata nel senso che i sintomi della vulvodinia sono diminuiti in maniera consistente.
La Paziente ha riferito di non aver più avuto problemi in posizione seduta, situazione da sempre per lei piuttosto problematica, e soprattutto ha riferito di riuscire ad avere rapporti sessuali normali, cioè esenti da dolore alla penetrazione.
La vulvodinia in realtà non è del tutto scomparsa ma si è ridotta in modo tale da rendere più efficace il trattamento farmacologico che, agendo su un terreno più morbido, si è rivelato maggiormente risolutivo.
Inoltre la Paziente ha riferito di aver risolto il problema di gambe gonfie, sintomatologia taciuta in fase di consultazione ma comunque associata al quadro generale.
Questo aspetto è interessante poiché dimostra come i quadri di vulvodinia molto spesso siano il risultato di uno scompenso funzionale più ampio che si estende molto al di là del solo ambito pelvico.