Sindrome del tunnel tarsale
Osteopatia Genova
Lo Studio di Osteopatia di Paolo Saccardi tratta la sindrome del tunnel tarsale.
La sindrome del tunnel tarsale ha quasi sempre una base osteopatica, come la maggior parte dei problemi funzionali del piede.
Per questo motivo l'Osteopatia rappresenta una terapia di prima scelta e la percentuale di successo è statisticamente piuttosto elevata.
- Trattamento osteopatico
- Casi reali
- Cenni anatomici
- Cosa è la sindrome del tunnel tarsale
- Segni e sintomi
- Cause
- Diagnosi
- Rimedi tradizionali
Cenni anatomici
Il tunnel tarsale, o canale tarsale, è una zona anatomica situata a livello della caviglia, limitata anteriormente dalla tibia e dalle ossa del retropiede, astragalo e calcagno, e posteriormente dal tendine di Achille.
Il tunnel tarsale ospita una serie di strutture tendinee, vascolari e nervose.
I tendini in transito nel tunnel tarsale sono i tendini dei muscoli tibiale posteriore, flessore lungo dell'alluce e flessore lungo delle dita.
Questi muscoli originano da dietro al polpaccio e proseguono con i relativi tendini che passano dietro alla tibia e quindi nel tunnel tarsale, dietro all'astragalo e al calcagno per inserirsi sotto la pianta del piede e sotto alle dita.
Da un punto di vista degli elementi vascolari, nel tunnel tarsale transitano l'arteria tibiale posteriore e la vena tibiale posteriore mentre, per quanto riguarda gli elementi nervosi, il tunnel tarsale ospita il nervo tibiale.
Il nervo tibiale, in particolare, è uno degli elementi maggiormente responsabili dello scatenamento della sindrome del tunnel tarsale: il nervo tibiale è uno dei due rami terminali del nervo sciatico
Il nervo sciatico origina a livello lombo sacrale, scende lungo l'arto inferiore e, a livello del ginocchio, si divide in due rami terminali: il nervo peroneo comune, che procede anteriormente alla gamba, e il nervo tibiale, che procede posteriormente passando infine sotto al malleolo mediale nel tunnel tarsale.
Cosa è la sindrome del tunnel tarsale
In alcuni casi le strutture presenti nel tunnel tarsale subiscono compressioni anomale.
La struttura anatomica che subisce i maggiori disagi è il nervo tibiale che, rimanendo compresso, provoca problemi e sintomatologie al piede.
Questo quadro clinico è conosciuto come sindrome del tunnel tarsale.
Segni e sintomi
Il segno caratteristico della sindrome del tunnel tarsale è il dolore alla caviglia e al piede, soprattutto nella parte interna.
Inoltre il dolore è spesso associato a parestesie, in particolare a sensazione di bruciore e formicolio.
I sintomi peggiorano col movimento e con particolari calzature mentre tendono ad attenuarsi a riposo anche se, in alcuni casi, il dolore è avvertibile anche in scarico, a letto o in posizione sdraiata.
Nelle situazioni più compromesse si può avere un'irradiazione dolorosa sul polpaccio e addirittura una perdita di forza e un'atrofia dei muscoli intrinseci del piede.
Cause
La sindrome del tunnel tarsale nella maggior parte dei casi ha cause osteopatiche e quindi funzionali.
In altri termini in questi casi molto spesso non sono presenti danni anatomici al piede né problemi di tipo neurologico, come solitamente emerge dai referti medici.
Semplicemente il nervo tibiale, e in generale tutte le strutture presenti nel tunnel tarsale, subiscono compressioni meccaniche o stiramenti a causa di uno squilibrio di natura funzionale.
Lo squilibrio molto spesso non è limitato solo al piede ma coinvolge l'intero arto inferiore, generalmente a partire dal bacino e dalla zona lombare, cioè dalla zona di origine del nervo sciatico.
In parole più semplici spesso accade che una contrattura muscolare o il blocco di un'articolazione vadano a irrigidire la gamba e il piede creando strozzamenti lungo il decorso del nervo e dei vasi.
Il risultato è lo sviluppo dei sintomi sopra descritti a livello del piede, variabili soggettivamente ma tutti ascrivibili alla sindrome del tunnel tarsale.
In qualche caso la sindrome del tunnel tarsale può dipendere da cause non osteopatiche:
- Patologie specifiche: gotta, artrite reumatoide, diabete, artrosi, ecc.
- Ostruzioni anatomiche: cisti, neuromi, osteofiti, ecc.
- Esiti di traumi o interventi chirurgici.
- Abitudini scorrette: scarpe strette, tacchi alti, ecc.
In ogni caso la presenza di una causa non osteopatica non esclude anche la presenza di una causa funzionale, per cui una revisione osteopatica comunque è sempre opportuna.
Diagnosi
La diagnosi di sindrome del tunnel tarsale, effettuata dall'Ortopedico, si basa su:
- Esame obiettivo: valutazione globale e specifica (segno di Tinel).
- Esami strumentali: RMN, RX, elettromiografia.
È utile soprattutto effettuare una buona diagnosi differenziale rispetto ad altre patologie del piede fra cui:
- Dolore al piede generico
- Fascite plantare
- Neuroma di Morton
- Spina calcaneare
- Metatarsalgia
- Dolore del tendine di Achille
Rimedi tradizionali
La sindrome del tunnel tarsale viene affrontata per mezzo di diverse soluzioni terapeutiche che variano in relazione alla gravità del problema.
A partire dai casi meno gravi generalmente i Pazienti vengono avviati a:
- Solette e plantari
- Fisioterapia
- Terapia farmacologica
- Terapia chirurgica
Trattamento osteopatico della sindrome del tunnel tarsale
Il trattamento osteopatico della sindrome del tunnel tarsale è finalizzato sia a ridurre i sintomi che a rimuovere le cause del problema.
A tale scopo è necessario trattare non solo il piede ma l'intero arto inferiore, a partire almeno dalla zona lombo-sacrale, vale a dire dalla zona di origine del nervo sciatico, fino al piede, cioè fino ai rami terminali tibiali.
Questo tipo di approccio garantisce una stabilità dei risultati a lungo termine.
Soprattutto bisogna garantire la pervietà dei passaggi vascolo-nervosi oltre che la buona funzionalità generale di tutte le strutture.
Vediamo a seguire i principali settori oggetto di interesse osteopatico.
Adattamenti osteopatici cranio-sacrali
Il trattamento del cranio è il primo passaggio fondamentale poiché le restrizioni osteopatiche del sistema cranio-sacrale portano limitazioni funzionali alle articolazioni sacro-iliache in maniera molto diretta.
Questo significa che le tensioni localizzate, per esempio, a livello temporale o a livello frontale possono andare a perturbare la dinamica del bacino, in particolare dell'osso sacro e delle ossa iliache.
Il cranio deve essere quindi trattato nella sua globalità.
Innanzitutto è necessario liberare le suture craniche, cioè le articolazioni fra un osso cranico e l'altro.
Inoltre bisogna ridurre le tensioni intracraniche, in particolare ridurre le tensioni delle membrane intracraniche.
Infine bisogna sciogliere le contratture dei muscoli masticatori e delle fasce craniali superficiali.
Il lavoro sul cranio non va sottovalutato poiché, se non si libera il bacino in maniera efficace, qualsiasi intervento a valle rischierà di non godere di buona stabilità e, in questo modo, lo squilibrio meccanico tenderà a riproporsi.
Adattamenti osteopatici del bacino
Una volta eliminate le tensioni dall'alto, è necessario riequilibrare il bacino localmente.
I muscoli rotatori dell'anca, soprattutto i muscoli extra-rotatori, sono spesso soggetti a stati di tensione e alla presenza di contratture: si tratta di muscoli nel complesso potenti, in grado di compromettere la mobilità del bacino in maniera significativa.
In particolare deve essere trattato il muscolo piriforme, le cui contratture sono spesso responsabili di perturbazioni al nervo sciatico e allo scatenamento di un quadro clinica particolare conosciuto come sindrome del piriforme.
Un altro settore importante è rappresentato dal pavimento pelvico, un piano muscolo fibroso interno al bacino che chiude in basso il piccolo bacino e offre appoggio agli organi qui presenti (utero, vescica e retto).
Le contratture del pavimento pelvico, soprattutto dal muscolo elevatore dell'ano, rappresentano un problema notevole poiché bloccano il bacino dall'interno e, oltre a creare tensioni a valle, provocano anche sintomatologie locali notevoli.
Ancora è opportuno verificare la buona funzionalità degli organi interni oltre che della fascia addominale e del legamento inguinale, spesso soggetti a tensioni anomale.
Adattamenti osteopatici lombo-sacrali
Il nervo sciatico emerge dalle radici dei nervi spinali che vanno da L4 a S3, cioè dal tratto lombare basso e dal sacro.
Per quanto riguarda il tratto lombare, il lavoro è generalmente si concentra su alcune zone specifiche.
Innanzitutto devono essere revisionati i muscoli diaframma e ileo-psoas poiché le contratture di tali muscoli, che originano entrambi dalla faccia anteriore delle vertebre lombari fino a L4, possono irrigidire l'intero tratto lombare.
Inoltre anche i muscoli delle docce vertebrali, situati esternamente e posteriormente, possono creare rigidità per cui devono essere trattati.
Infine è necessario trattare i legamenti ileo-lombari, che collegano le ultime due vertebre lombari alle ali iliache.
Adattamenti osteopatici dell'arto inferiore
L'arto inferiore deve essere revisionato completamente.
La coscia deve essere riequilibrata soprattutto a livello delle catene posteriori e mediali, vale a dire le zone di transito del nervo sciatico.
Ma soprattutto deve essere trattata la loggia posteriore della gamba, cioè il polpaccio, poiché il nervo tibiale transita proprio in profondità a questo livello.
Inoltre da qui originano il muscolo tibiale posteriore, il muscolo flessore lungo delle dita e il muscolo flessore lungo dell'alluce, i cui tendini transitano nel tunnel tarsale insieme al nervo tibiale e ai relativi vasi.
Questi muscoli costituiscono un potentissimo apparato flessore del piede e i loro tendini, a livello del tunnel tarsale, danno origine a tensioni enormi.
Per questo motivo le contratture di questi muscoli devono essere riequilibrate, anche in considerazione del fatto che il nervo tibiale decorre proprio a stretto contatto di questi elementi.
Adattamenti osteopatici del piede
Il piede deve essere trattato in toto ma la zona di maggior interesse è senz'altro quella del retro-piede, in particolare la zona astragalica e calcaneare.
Le facce mediali di astragalo e calcagno, infatti, costituiscono il pavimento di scorrimento dei suddetti tendini e del nervo tibiale.
Questi elementi ossei sono anatomicamente impilati, nel senso che sotto la tibia vi è l'astragalo e sotto l'astragalo il calcagno.
L'articolazione tibio-tarsica (fra tibia e astragalo) e l'articolazione sotto-astragalica (fra astragalo e calcagno) devono quindi muoversi in maniera ottimale senza alcun tipo di impedimento.
Da un punto di vista statistico l'articolazione maggiormente responsabile di disguidi meccanici a questo livello è l'articolazione sotto-astragalica ma, in ogni caso, bisogna controllare tutti i giunti articolari circostanti, comprese le articolazioni tibio-peroneali superiore e inferiore, l'articolazione di Chopart e l'interlinea articolare di Lisfranc.
Oltre alle strutture articolari devono essere trattate anche le strutture muscolo-fasciali, soprattutto la fascia plantare, il tendine di Achille e, naturalmente, il tunnel tarsale.
Anche le dita non devono essere sottovalutate poiché i lunghi muscoli flessori terminano proprio sulle falangi che spesso presentano tensioni e restrizioni.
Casi reali
Riferisco il caso di un'impiegata di 46 anni con diagnosi di sindrome di tunnel tarsale da circa un anno.
Questa Paziente presentava in realtà una sintomatologia piuttosto complessa, nel senso che lamentava una rigidità generale del piede e della gamba associata a un dolore nell'incavo del piede e sotto la pianta in direzione dell'avampiede.
I sintomi erano presenti soprattutto di giorno e quando indossava le scarpe chiuse mentre tendevano a scomparire quando era scalza.
Inoltre di notte il piede spesso formicolava e tendeva a irrigidirsi, al punto di disturbare o addirittura ostacolare il sonno.
La Paziente aveva già tentato le terapie tradizionali senza grande successo finché non era stata instradata verso l'Osteopatia dal Fisiatra.
All'esame osteopatico presentava tensioni piuttosto localizzate a partire soprattutto dal ginocchio, a livello della gamba e del piede.
Uno degli elementi maggiormente problematici era il perone, che presentava adattamenti sia a livello del ginocchio che della caviglia.
Inoltre erano presenti tensioni profonde a livello dei muscoli muscoli flessori delle dita e dell'alluce e del muscolo tibiale posteriore.
Infine il retropiede era completamente in disfunzione, in particolare il calcagno presentava una adattamento in eversione molto marcato.
Ridotti gli adattamenti, la situazione è migliorata piuttosto rapidamente.
La rigidità è completamente scomparsa, come anche il dolore, e il piede ha avuto un guadagno piuttosto notevole in termini di mobilità.
La situazione è stata risolta in tre sedute in un mese, tutto sommato un tempo piuttosto rapido considerando che il problema era attivo da più di un anno.
Bisogna comunque considerare che, al di là del caso specifico, i problemi del piede richiedono tempistiche mediamente un po' più lunghe.