Riabilitazione protesi di ginocchio
Osteopatia Genova

Lo Studio di Osteopatia di Paolo Saccardi svolge un servizio di riabilitazione dopo l'intervento di protesi di ginocchio.

L'intervento osteopatico è indicato soprattutto per eliminare il dolore e la limitazione funzionale che a volte persistono dopo l'intervento chirurgico.

Con le tecniche osteopatiche infatti è possibile rimuovere quelle disfunzioni articolari che non solo hanno portato all'usura del ginocchio ma che sono ancora presenti dopo l'intervento.

L'Osteopatia va quindi a riequilibrare l'assetto meccanico del ginocchio favorendo un pieno recupero della funzionalità articolare.

Cenni anatomici

Il ginocchio rappresenta, insieme all'anca, una delle maggiori articolazioni del corpo umano e presenta un ruolo determinante nella mobilità dell'arto inferiore.

Il giunto articolare del ginocchio è costituito dall'unione di tre elementi ossei di cui due maggiori, il femore e la tibia, e uno minore, la rotula.

Ginocchio, Osteopatia Genova
L'articolazione del ginocchio
Balboni & Co., Anatomia Umana
Edi-Ermes, Vol 1, pag.331

Il femore, l'osso della coscia, presenta a livello del ginocchio una superficie articolare suddivisa in due grosse zone di forma ovale: i condili femorali.

La tibia, sottostante al femore, presenta invece una zona larga e piatta su cui ruotano i condili: il piatto tibiale.

Ciascun condilo, intorno alla zona di contatto con la tibia, presenta una struttura fibrocartilaginea semicircolare denominata menisco: in questo modo il condilo laterale presenta il menisco laterale e il condilo mediale il menisco mediale.

I due menischi sono connessi alla tibia per mezzo delle loro estremità denominate corni meniscali e offrono ai condili una superficie di appoggio più ampia: i condili infatti, in assenza dei menischi, appoggerebbero su una zona puntiforme.

Tibia e femore sono fra loro connessi da quattro potenti legamenti: i legamenti collaterali, lateralmente e i legamenti crociati, situati fra un condilo e l'altro.

Anteriormente ai condili si trova la rotula, inserita nel tendine rotuleo del muscolo quadricipite femorale, che scorre nell'incisura anteriore presente fra i due condili femorali.

L'intera articolazione è chiusa da una capsula sinoviale rivestita da una capsula fibrosa. La capsula sinoviale contiene al proprio interno il liquido sinoviale che ha la stessa funzione di un lubrificante per ridurre gli attriti.

Al ginocchio è ancora annesso il perone, in particolare la testa del perone, su cui si inserisce il legamento collaterale laterale: il perone, per questo motivo, ha un ruolo attivo nella fisiologia articolare del ginocchio.

Come si arriva alla protesi di ginocchio

La protesi di ginocchio è un dispositivo artificiale finalizzato a sostituire le superfici articolari dell'articolazione del ginocchio.

Si arriva all'intervento di protesi di ginocchio quando le cartilagini articolari presentano un livello di danneggiamento irreparabile o comunque così importante da non essere più in grado di svolgere le proprie funzioni meccaniche.

In alcuni casi il danno del ginocchio deriva da eventi accidentali, come indicenti stradali o lavorativi, in altri casi deriva da situazioni patologiche specifiche ma, nella maggior parte dei casi, l'usura delle cartilagini articolari del ginocchio dipende da un malfunzionamento meccanico protratto nel tempo.

In effetti i Pazienti che arrivano alla protesi di ginocchio molto spesso presentano trascorsi clinici molto simili con alle spalle una lunga storia di problemi alle ginocchia.

In questi casi normalmente i problemi alle ginocchia sono presenti da anni: all'inizio si manifestano in maniera poco intensa e poi, con il trascorrere del tempo, in maniera sempre più invalidante.

La sintomatologia riferita al ginocchio è piuttosto complessa.

Innanzitutto il ginocchio risulta spesso dolente e il dolore può manifestarsi in diversi modi.

In alcuni casi si ha dolore da fermo, per esempio talvolta il dolore insorge di notte, quando il Paziente è a letto, e impedisce di dormire.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il ginocchio fa male quando si trova in attività, per cui si ha un dolore sotto carico, per esempio durante l'atto di scendere le scale.

Da un punto di vista della localizzazione, il dolore generalmente riguarda tutto il ginocchio, anche se spesso il dolore si concentra su settori specifici:

Oltre al dolore il ginocchio spesso presenta altri sintomi:

Questo tipo di situazione si sviluppa per gradi per cui inizialmente, quando il livello di gravità è ancora lieve, i Pazienti vengono avviati verso rimedi di tipo conservativo come attività motoria in scarico (nuoto), tutori, terapie antidolorifiche, cicli di fisioterapia, terapie alternative, infiltrazioni o terapia chirurgica mini invasiva (menischi, pulizia articolare, ecc.).

Questa linea terapeutica è orientata per lo più al contenimento dei sintomi ma non riesce a intervenire sulle cause meccaniche alla base del problema per cui inizialmente sortisce risultati ma, nel corso del tempo, la situazione tende inevitabilmente ad aggravarsi e l'articolazione va incontro a deterioramento.

Le cartilagini articolari si assottigliano fino addirittura a scomparire e i due capi ossei si trovano a diretto contatto finendo per sfregare l'uno contro l'altro.

A questo punto l'articolazione non riesce più a svolgere le proprie funzioni meccaniche e l'intervento chirurgico di protesi al ginocchio resta l'unica opzione.

Cosa è la protesi di ginocchio

La protesi di ginocchio è un dispositivo artificiale che sostituisce le superfici articolari portanti dell'articolazione del ginocchio.

Dal momento che le superfici articolari sostituite sono due, la protesi è costituita da due elementi: un primo elemento sostituisce la cartilagine articolare del femore mentre un secondo elemento sostituisce la cartilagine articolare della tibia.

Protesi di ginocchio
La protesi di ginocchio

La cartilagine articolare della rotula non è mai interessata dall'intervento di protesi poiché, essendo sottoposta a pressioni minori, generalmente si usura molto meno rispetto alle precedenti.

La protesi è costituita da titanio rivestito da polietilene, materiali biocompatibili, e ha una durata normalmente superiore ai 10 anni, superati i quali può essere sostituita o meglio, in termini tecnici, sottoposta a revisione.

La protesi di ginocchio può essere totale o monocompartimentale a seconda che interessi l'intera articolazione o solo una parte di essa. Inoltre, a seconda della modalità di fissazione, può essere cementata o non cementata.

L'intervento di protesi al ginocchio non è tecnicamente così semplice: la difficoltà è soprattutto collegata alla conformazione anatomica stessa del ginocchio.

Il ginocchio, a differenza dell'anca, possiede un sistema di legamenti estremamente complesso.

Tale sistema legamentoso, infatti, deve garantire al tempo stesso stabilità e mobilità: i legamenti cioè devono essere sempre mantenere adese le due superfici articolari su qualunque grado di flessione.

Inoltre la rotula deve scorrere perfettamente fra i condili femorali senza effettuare deviazioni laterali.

Il ginocchio, proprio per garantire tali prestazioni, presenta una serie di movimenti accessori tali per cui, per esempio durante la flessione tende leggermente a ruotare in dentro e durante l'estensione a ruotare in fuori: questa mobilità accessoria deve essere conservata.

La resezione dell'osso deve essere molto precisa e un errore di anche pochi millimetri finisce per compromettere la buona riuscita dell'intervento.

La riabilitazione fisioterapica

Successivamente all'intervento di protesi di ginocchio è sempre necessaria una fase di riabilitazione fisioterapica che è finalizzata a raggiungere diversi scopi:

Il giorno successivo all'intervento il Paziente normalmente è già in grado di sedersi a bordo letto con i piedi in appoggio e nelle prime due settimane è in grado di raggiungere la stazione eretta e deambulare con l'ausilio di un girello o di stampelle.

L'intero ciclo riabilitativo, complessivamente, dura circa sei settimane ma il pieno recupero della funzionalità articolare spesso è raggiungibile in tempi più lunghi.

Il recupero della forza muscolare è piuttosto lento, per esempio, in alcuni casi può protrarsi anche per mesi e anche il dolore in qualche caso può perdurare parecchie settimane.

Perché l'intervento osteopatico

Allo scopo di capire l'importanza del trattamento osteopatico, vediamo a seguire innanzitutto quali sono le cause di deterioramento delle cartilagini articolari e quali siano le modalità di intervento sia di riequilibrio funzionale che di ammorbidimento del tessuto connettivo.

Perché il ginocchio si deteriora

Innanzitutto è necessario sfatare il mito dell'invechiamento.

Generalmente si pensa che la causa principale di un deterioramento articolare sia l'invecchiamento del tessuto: certamente con l'età lo spessore delle cartilagini tende a diminuire ma questa spiegazione, da sola, non è sufficiente.

Per esempio, in molti casi, il livello di degenerazione delle due ginocchia è sensibilmente diverso e talvolta addirittura si nota come, nell'ambito dello stesso ginocchio, vi sia una netta differenza di danneggiamento fra il compartimento mediale e quello laterale.

Queste semplici evidenze mettono in luce che il solo invecchiamento non può essere la causa delle degenerazioni patologiche della cartilagine.

Per quanto è possibile osservare, la principale causa di deterioramento articolare è una disfunzione meccanica presente da anni: il ginocchio, lavorando in condizioni sfavorevoli, semplicemente si logora.

A seconda di come è configurata la disfunzione, può capitare che a lavorare male siano entrambe le ginocchia, uno solo o soltanto alcune sezioni articolari.

Per capire come un disfunzionamento meccanico possa arrivare a rovinare un'articolazione bisogna partire da presupposti di tipo anatomico, andando cioè ad analizzare le principali fonti di scompenso dinamico che agiscono sull'articolazione del ginocchio.

Una prima importante causa di disfunzione è rappresentata dalla presenza di restrizioni a livello del bacino, in particolare a livello delle articolazioni sacro-iliache e del pavimento pelvico.

Tali adattamenti, infatti, influenzano la mobilità dell'osso dell'anca creando una dislocazione dell'acetabolo con conseguenti compensi in rotazione del femore e quindi della tibia.

In questo modo il ginocchio risulta completamente fuori asse, in particolare la rotula si trova spesso traslata con conseguenti compressioni sui versanti mediali o laterali: in caso di disfunzioni sacro-iliache sono spesso colpite entrambe le ginocchia.

Oltre a questo è necessario valutare gli adattamenti dei muscoli dell'arto inferiore: in presenza di adattamenti funzionali unilaterali molto spesso la degenerazione articolare riguarda un solo ginocchio.

Un primo muscolo in grado di procurare problemi al ginocchio è il muscolo quadricipite femorale, le cui contratture sono largamente responsabili di malfunzionamenti meccanici del ginocchio.

Un altro gruppo muscolare fondamentale è rappresentato dal gruppo dei muscoli ischio-crurali, cioè i muscoli posteriori della coscia, che servono a flettere il ginocchio.

Parlando di ginocchio non è possibile non menzionare i muscoli adduttori della coscia, cioè i muscoli che hanno la funzione di portare l'arto inferiore in dentro, verso la linea mediana.

Ancora è necessario valutare i muscoli posteriori del polpaccio.

Un muscolo particolarmente interessante appartenente a questo settore è il muscolo popliteo, un piccolo muscolo triangolare situato nell'incavo del ginocchio che collega la tibia al menisco laterale.

Anche i muscoli gemelli del polpaccio, collegando la tibia e il prone alle porzioni posteriori dei condili femorali, hanno un'influenza diretta sul ginocchio.

Tutti questi elementi, la cui funzione sarà descritta dettagliatamente più avanti, incidono in maniera diretta sulla funzionalità del ginocchio.

Questo aiuta quindi a capire come la sola protesi, per quanto necessaria, non è sufficiente a restituire la piena funzionalità al ginocchio.

È anche e soprattutto necessario effettuare una revisione approfondita dell'intero arto inferiore.

L'importanza del trattamento osteopatico

Quando un ginocchio arriva al punto di dover essere sostituito da una protesi, il suo grado di usura è ormai ai massimi livelli.

Questo perché, come sopra esposto, quel ginocchio, nel corso degli anni, è stato sottoposto ad un lavoro meccanico non fisiologico che, col tempo, ha finito per deteriorarlo anatomicamente.

L'intervento chirurgico va a sostituire le cartilagini ormai usurate e la riabilitazione fisioterapica aiuta il recupero della funzionalità generale.

Tuttavia né l'intervento né la fisioterapia rimuovono le disfunzioni meccaniche responsabili del deterioramento articolare e ancora presenti dopo l'intervento.

A riprova di ciò sta il fatto che molto spesso i sintomi persistono anche per parecchie settimane dopo l'intervento al ginocchio, soprattutto il dolore, il deficit di forza e la limitazione articolare.

I segni e sintomi persistenti non dipendono più dalle cartilagini usurate, dal momento che non sono più presenti, e, oltre un certo limite temporale, non possono più dipendere neanche dagli esisti post-chirurgici.

In realtà ciò che è ancora presente sono gli adattamenti disfunzionali a livello dell'arto inferiore che, nonostante la protesi, continuano a creare problemi ai tessuti circostanti l'articolazione.

Al di là di questi aspetti, è comunque opportuno notare che il recupero del Paziente operato di protesi di ginocchio presenta tempistiche e quadri evolutivi in ogni caso complicati, per esempio rispetto alla protesi d'anca, e questo per motivi anatomici e funzionali.

Il ginocchio, innanzitutto, è collegato ad una serie di equilibri biomeccanici molto delicati e molto più facilmente alterabili da un punto di vista chirurgico rispetto a quanto non avvenga per l'anca.

Oltre a questo bisogna considerare che la cicatrice chirurgica è localizzata anteriormente al ginocchio, vale a dire proprio lungo il piano di flessione.

Questo fattore è spesso causa di restrizione di mobilità poiché le tensioni cicatriziali possono facilmente trasformarsi in veri e propri impedimenti meccanici alla mobilità articolare, come fossero piccoli lacci che limitano il movimento.

Per quanto riguarda il trattamento cicatriziale, la tecnica osteopatica, contrariamente ad altre metodiche, permette di trattare il tessuto connettivo non solo superficialmente ma anche in profondità, garantendo quindi un recupero migliore dell'elasticità del tessuto.

L'Osteopatia può quindi essere utile a raggiungere almeno due obiettivi fondamentali:

Trattamento osteopatico del ginocchio protesico

Il trattamento osteopatico del ginocchio protesico è basato sul riequilibrio funzionale dell'intero arto inferiore.

Il ginocchio, infatti, non può essere trattato indipendentemente dal contesto anatomico a cui appartiene poiché la sua funzionalità è integrata con quella delle articolazioni e delle parti limitrofe o comunque ad esso connesse.

Vediamo a seguire i principali settori oggetto di intervento.

Adattamenti osteopatici cranio-sacrali

A livello del sistema cranio-sacrale sono sempre presenti adattamenti funzionali in grado di compromettere la normale mobilità dell'osso sacro e del bacino in generale.

A partire dai malfunzionamenti del bacino si sviluppano catene adattative in discesa che coinvolgono gli arti inferiori.

In questi casi spesso il disguido meccanico si distribuisce su entrambe le ginocchia, per quanto tale distribuzione non sia mai del tutto simmetrica e vi sia comunque sempre un lato più sfavorito.

L'adattamento craniale si riflette soprattutto sull'osso sacro, che, attraverso l'articolazione sacro-iliaca, trasmette le tensioni all'osso dell'anca.

A partire dall'anca la catena si trasferisce al femore e quindi al ginocchio, seguendo un percorso abbastanza diretto.

Se, per esempio, il femore risulta ruotato sul proprio asse longitudinale, il ginocchio dovrà adattarsi di conseguenza per compensare tale disguido e, nel corso del tempo, andrà soggetto a usura.

Quindi gli adattamenti osteopatici cranio-sacrali creano problemi a monte, per cui devono essere corretti in via prioritaria prima si affrontare un riequilibrio locale del ginocchio.

Adattamenti osteopatici del bacino e del femore

Il bacino, al di là delle afferenze craniali, può presentare adattamenti intrinseci altrettanto destabilizzanti per il ginocchio.

Bisogna considerare che quasi tutti i muscoli che arrivano al femore o al ginocchio partono proprio dal bacino.

Innanzitutto i muscoli rotatori dell'anca, per lo più extrarotatori, sono una potenziale fonte di problemi per il ginocchio.

A questo gruppo appartengono il muscolo piriforme, i muscoli otturatori, i muscoli gemelli e il muscolo quadrato del femore, a cui si aggiungono i muscoli glutei, soprattutto medio e piccolo.

Eventuali contratture a livello di questo grosso complesso muscolare portano il femore in rotazione creando quindi fenomeni di compenso come ginocchio valgo o compressione sul piatto tibiale.

Bisogna ancora considerare il muscolo sartorio, che attraversa la coscia anteriormente e obliquamente portandosi sul lato interno del ginocchio, e il muscolo retto femorale, sempre anteriore.

Le tensioni di questi lunghi muscoli possono destabilizzare l'equilibrio del ginocchio in maniera significativa poiché agiscono rispettivamente sulla tibia e sulla rotula.

Il retto femorale appartiene in realtà al complesso del muscolo quadricipite femorale, i cui restanti tre ventri, vasto mediale, laterale e intermedio, originano però dal femore e convergono, con il retto anteriore, sulla rotula.

Bisogna considerare che spesso le tensioni muscolari non riguardano tutto il ventre muscolare ma solo alcuni settori per cui è necessario individuare precisamente la localizzazione di tali adattamenti e agire in maniera settoriale.

Posteriormente, il gruppo dei muscoli ischio-crurali ha un ruolo molto diretto nella dinamica del ginocchio poiché tali muscoli collegano la zona ischiatica alla tibia e al perone, subito sotto il ginocchio.

I muscoli ischio-crurali, tre in tutto, sono il muscolo bicipite femorale, il muscolo semitendinoso e il muscolo semimembranoso.

In questi casi spesso si hanno dolori posteriori al ginocchio e alla coscia e difficoltà a estendere completamente la gamba.

Inoltre il muscolo semimembranoso ha un'influenza diretta sul ginocchio poiché si inserisce sul corno posteriore del menisco mediale provocando uno slittamento indietro di tale elemento.

Eventuali scompensi del muscolo semimembranoso, quindi, si riflettono direttamente sulla funzionalità articolare del ginocchio.

Ancora, i muscoli adduttori, in virtù del loro volume e della loro potenza, sono in grado di destabilizzare l'equilibrio del femore in maniera significativa.

Il gruppo dei muscoli adduttori è piuttosto assortito dal momento che comprende muscoli molto ampi e potenti, come per esempio il muscolo grande adduttore, muscoli brevi, come il muscolo pettineo, muscoli di media taglia, come l'adduttore breve e l'adduttore lungo, e muscoli lunghi, come il muscolo gracile.

Anche se questi muscoli non intervengono direttamente nella fisiologia articolare del ginocchio, le loro contratture possono alterare la tensione delle fasce della coscia e della gamba portando quindi al ginocchio tensioni indirette, e questo soprattutto in considerazione del volume di questo grosso compartimento muscolare.

Infine anche gli adattamenti funzionali del pavimento pelvico hanno un ruolo importante nella genesi dei problemi del ginocchio poiché limitano la mobilità sacro-iliaca e, inoltre, si riflettono direttamente sull'anca.

Tali tensioni sono portate non solo dai muscoli ma anche dagli organi interni del piccolo bacino, in particolare la vescica, che limitano, per via meccanica o riflessa, il gioco articolare sacro-iliaco.

Come è possibile notare, a partire dal bacino e dal femore originano quasi tutti i muscoli che terminano sul ginocchio per cui la revisione di questo settore è assolutamente indispensabile al fine di riequilibrare il ginocchio.

I problemi del ginocchio originano in altissima percentuale a livello del bacino per cui non è possibile apportare benefici al ginocchio senza riequilibrare la zona sacro-iliaca.

Adattamenti osteopatici della gamba e del piede

In molti casi sono presenti catene adattative ascendenti che disturbano il ginocchio a partire dal basso.

I muscoli del polpaccio, innanzitutto, hanno un ruolo determinante.

A livello strettamente articolare è necessario escludere la presenza di contratture a livello del muscolo popliteo che collega la faccia posteriore della tibia, superiormente, al corno posteriore del menisco laterale.

Le contratture del muscolo popliteo non solo provocano un dolore profondo al ginocchio ma alterano la meccanica stessa dell'articolazione poiché agiscono sulla mobilità del menisco laterale.

Un altro gruppo muscolare importante è rappresentato dai muscoli gemelli, che insieme al muscolo soleo costituiscono il muscolo tricipite surale.

I muscoli gemelli, contrariamente al soleo che origina da tibia e perone, originano dalla superficie posteriore dei condili femorali, abbracciando quindi posteriormente l'articolazione del ginocchio.

Le contratture del muscolo popliteo e dei muscoli gemelli rappresentano una causa di instabilità notevole per il ginocchio e restituiscono sintomatologie posteriori.

Dal momento che il muscolo tricipite surale, attraverso il tendine di Achille, si inserisce sul calcagno, in caso di problemi al ginocchio è necessario revisionare anche il piede.

Il piede deve essere revisionato in toto, vale a dire non solo il retropiede ma anche l'avampiede, la fascia plantare i muscoli intrinseci e i muscoli estrinseci.

Infine è necessario valutare anche il grado di mobilità del perone, sulla cui testa si inserisce il legamento collaterale laterale del ginocchio, per cui è necessario valutare non solo i muscoli peronieri ma anche i muscoli della loggia anteriore della gamba, come per esempio il muscolo tibiale anteriore.

Adattamenti osteopatici del ginocchio

L'intervento osteopatico a livello dell'articolazione del ginocchio viene effettuato solo dopo aver ripristinato l'arto inferiore nella sua globalità.

L'intervento locale, infatti, è finalizzato a correggere eventuali adattamenti specifici dell'articolazione del ginocchio ma, dal momento che la funzionalità del ginocchio dipende prevalentemente dalle strutture circostanti, per prima cosa è necessario agire su tali strutture e solo successivamente sul ginocchio.

Agire solo sul ginocchio sarebbe come ungere un ingranaggio arrugginito sperando che possa funzionare.

A livello del ginocchio esistono comunque zone specifiche che è necessario revisionare in maniera settoriale.

Innanzitutto in zona extra-articolare vi sono importanti impianti tendinei e legamentosi come per esempio la zampa d'oca, il legamento rotuleo e la bandelletta ileo-tibiale.

La zampa d'oca è un a zona localizzata nella zona infero laterale del capitello tibiale su cui trovano inserzione tre muscoli: il gracile, il sartorio e il semitendinoso.

Questa zona risulta spesso dolorosa e dà una sintomatologia tipica conosciuta come tendinite della zampa d'oca.

Il tendine rotuleo collega la rotula alla tuberosità anteriore della tibia, cioè la sporgenza ossea centrale subito sotto la rotula.

Questa zona è spesso dolorosa poiché il tendine rotuleo, guidato dal muscolo quadricipite, esercita tensioni anomale che si scaricano proprio in questa zona.

Infine la bandelletta ileo-tibiale rappresenta il tratto terminale del tendine del muscolo tensore della fascia lata e si trova esternamente al ginocchio.

La tensione di questa struttura provoca talvolta la cosiddetta sindrome della bandelletta ileo-tibiale, una sintomatologia che colpisce soprattutto gli sportivi.

Infine, per quanto riguarda gli elementi articolari in senso stretto, è necessario valutare il livello tensivo dei menischi (quando conservati), il cui margini mediale e laterale sono apprezzabili nell'interlinea fra tibia e femore, e dei legamenti collaterali mediale e laterale.

Trattamento cicatriziale

Il trattamento della cicatrice anteriore è una parte essenziale del trattamento del ginocchio protesico.

La cicatrice si trasforma spesso in un fattore di limitazione della mobilità in flessione e questo in considerazione della sua localizzazione anteriore.

Il tessuto connettivo, in seguito all'intervento non più elastico ma fibroso, tende a frenare il ginocchio e a limitarne il movimento.

Il trattamento della cicatrice, pertanto, è finalizzato ad eliminare le tensioni fibrose, eliminare le aderenze sottocutanee e, per quanto possibile, ammorbidire non solo la cute ma anche la fascia muscolare sottostante che, al pari della cute, viene interessata dal taglio chirurgico.

A tale scopo l'Osteopatia possiede tecniche molto efficaci in grado di agire non solo in superficie ma anche e soprattutto in grado di agire in profondità effettuando correzioni molto stabili.

Le tecniche utilizzate sono molto leggere: la leggerezza, infatti, permette di raggiugere le parti profonde, per quanto questo aspetto possa sembrare paradossale.

Certamente non è possibile eliminare la cicatrice da un punto di vista anatomico ma è possibile detendere i tratti di tessuto connettivo soggetti ad adattamenti funzionali e ridurre di molto il livello tensivo della stessa cicatrice.

Casi reali

Riferisco il caso di una casalinga di 68 anni con protesi al ginocchio destro da circa un anno.

Questa Paziente, in sovrappeso, aveva alle spalle una lunga storia di problemi alle ginocchia, iniziata verso i trent'anni, dopo le gravidanze.

In effetti per molti anni il dolore alle ginocchia era rimasto in una fase stazionaria, cioè normalmente abbastanza sopportabile ad eccezione di alcuni periodi in cui si manifestava in maniera più acuta.

Negli ultimi anni, tuttavia, la situazione era cambiata rapidamente poiché il dolore era diventato molto più intenso e inoltre era presente quasi sempre, addirittura anche di notte.

Al dolore notturno si aggiungevano i problemi diurni, nel senso che la Paziente aveva difficoltà a scendere le scale al punto che, senza un passamano, era quasi impossibilitata.

Le terapie ordinarie non erano più sufficienti per cui la Paziente era arrivata all'intervento di protesi: il chirurgo aveva operato il ginocchio destro, maggiormente compromesso, ma la Paziente era stata messa in lista di attesa anche per il sinistro.

Il problema è che il dolore al ginocchio continuava a persistere anche dopo l'intervento e questo anche a distanza di mesi. Inoltre la flessione era molto limitata e, nonostante la riabilitazione fisioterapica, continuava a essere molto ridotta.

Questa situazione aveva mandato la Paziente in crisi poiché, non avendo più a disposizione altre opzioni terapeutiche, si vedeva avviata verso una grave perdita di autonomia. Inoltre cominciava a nutrire dubbi sulla possibilità di intervenire anche sull'altro ginocchio.

Questa Paziente è arrivata quindi all'Osteopatia in condizioni disperate e totalmente sfiduciata.

La Paziente all'esame osteopatico era completamente scompensata: il bacino presentava un marcato adattamento in torsione e l'osso sacro era completamente irrigidito da una tensione craniale.

La muscolatura dell'arto inferiore, era pesantemente deficitaria ma, nonostante questo, presentava anche zone di contrattura molto marcate.

Ma soprattutto gli adattamenti erano presenti da anni e quindi erano molto strutturati e resistenti alla correzione.

Su questa Paziente è stato quindi necessario sviluppare un piano di intervento distribuito in cinque sedute in due mesi.

Al termine del ciclo però la situazione è cambiata.

Per quanto riguarda il ginocchio operato, il dolore si è molto ridotto e di notte addirittura scomparso: continuava a persistere nelle scale in discesa ma in maniera sensibilmente minore. Inoltre è stato guadagnato qualche grado in flessione, per quanto, a causa del gonfiore degli arti inferiori, la flessione del ginocchio era comunque limitata.

Il ginocchio non operato ha avuto analoghi benefici, anzi anche maggiori dal momento che la situazione di partenza era meno compromessa.

Certamente la Paziente non ha riacquisito una piena funzionalità a livello delle ginocchia, in particolare per quanto riguarda il ginocchio destro, nel senso che comunque il dolore non è del tutto scomparso e la funzionalità in parte è rimasta deficitaria.

In ogni caso, considerando la situazione di partenza, i vantaggi ottenuti con l'Osteopatia sono stati sensibili e persistenti.

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