Dito a martello del piede
Osteopatia Genova
Lo Studio di Osteopatia di Paolo Saccardi tratta il dito a martello del piede.
Il dito a martello del piede ha sempre una base funzionale per cui l'Osteopatia può essere utile per ridurre sia la deformità che il dolore associato.
- Trattamento osteopatico
- Casi reali
- Cenni anatomici
- Cosa è il dito a martello del piede
- Cause
- Segni e sintomi
- Diagnosi
- Trattamento
Cenni anatomici
La parte aneriore del piede è costituita da cinque ossa lunghe disposte da dieto in avanti denominate metatarsi.
I metatarsi costituiscono lo scheletro dell'avampiede e, nella loro parte terminale anteriore, offrono inserzione alle dita.
Le dita dei piedi sono costituite ciascuna da tre elementi ossei denominali falangi in modo tale che, a partire dal piede, si ha una prima falange, una seconda falange e una terza falange.
L'alluce fa eccezione poiché è costituito solo da due falangi.
Le ossa metatarsali e le falangi sono collegate fra loro da articolazioni denominate:
- Articolazione metatarso-falangea: fra osso metatarsale e prima falange. Si estende verso l'alto ma non si flette verso il basso.
- Articolazione interfalangea prossimale: fra prima falange e seconda falange. Si flette verso il basso.
- Articolazione interfalangea distale: fra seconda falange e terza falange. Si flette verso il basso.
Un ruolo determinante gioca l'apparato muscolo-tendineo-legamentoso delle dita che, a livello del piede, assume una conformazione molto complessa.
I tendini dei muscoli flessori ed estensori, infatti, a livello delle dita si integrano in un complicato sistema tendineo che vede anche la fondamentale compartecipazione dei muscoli interossei e lombricali.
I muscoli interossei e lombricali sono piccoli muscoli diretti alle dita che, collaborando con i muscoli flessori ed estensori in arrivo dal polpaccio, consentono la corretta flessione ed estensione non solo delle dita ma anche del piede.
Il disequilibrio di questi piccoli muscoli ha un ruolo fondamentale nella genesi del dito a martello.
Cosa è il dito a martello del piede
Il dito a martello del piede, detto anche dito in griffe, è un disturbo del dito del piede in base a cui il dito presenta una iperestensione dell'articolazione metatarso-falangea e una flessione dell'articolazione interfalangea prossimale.
In questo modo il dito assume un atteggiamento ad artiglio, come se fosse un uncino piegato e impossibilitato ad estendersi.
Il fenomeno del dito a martello riguarda essenzialmente il secondo, terzo e quarto dito del piede, cioè le tre dita centrali.
Il piede soggetto a griffe digitale risulta quindi deformato, non calza agevolmente la scarpa, non permette di effettuare una deambulazione fisiologica e tende a sviluppare sintomi.
In questo modo il dito a martello si trasforma spesso in una causa di invalidità.
Cause
Il dito a martello del piede ha sempre una causa funzionale cioè è il risultato di uno squilibrio dei muscoli flessori, estensori, interossei e lombricali.
Nello specifico la deformazione in griffe dipende essenzialmente da un deficit funzionale dei muscoli interossei e lombricali.
Questi muscoli, infatti, con la loro contrazione flettono l'articolazione metatarso falangea ed estendono le articolazioni interfalangee.
Quando la loro funzione risulta deficitaria, le dita restano subordinate unicamente ai muscoli flessori ed estensori.
I muscoli flessori flettono le due articolazioni interfalangee ma non l'articolazione metatarso falangea, a causa di mancanza di inserzioni a questo livello.
L'articolazione metatarso falangea, sotto l'influenza unicamente del muscolo estensore comune delle dita, tende a estendersi.
In questo modo le dita vengono deformate a martello.
Fattori di rischio
Fermo restando che un dito a martello può svilupparsi senza una causa clinica apparente, esistono comunque condizioni che favoriscono l'insorgenza o l'accentuazione dell'atteggiamento in griffe delle dita del piede.
Tali condizioni non sono vere e proprie cause di dito a martello del piede ma piuttosto fattori in grado di preparare il terreno per lo sviluppo di un atteggiamento in griffe delle dita.
Fra i fattori di rischio rientrano condizioni cliniche, abitudini o eventi.
A seguire una rassegna dei principali fattori di rischio per l'insorgenza di un dito a martello del piede:
- Calzature con tacchi alti e punte strette
- Alluce valgo
- Fascite plantare
- Metatarsalgia da sovraccarico
- Piede cavo
- Particolari conformazioni del piede, soprattutto se il secondo dito è più lungo dell'alluce.
- Traumi
- Patologie: artrite, malattie neurologiche, diabete, ecc.
- Sesso femminile ed età avanzata
Segni e sintomi
Le dita a martello, provocando una deformazione permanente del piede, provocano una serie di segni e sintomi associati a livello del piede fra cui:
- Dolore al movimento delle dita o alla deambulazione
- Difficoltà o impedimento a indossare le scarpe
- Piede gonfio
- Sviluppo di callosità
- Deficit funzionale e estetico
A seconda della situazione si possono avere diversi livelli di gravità del quadro clinico.
Dito a martello di grado lieve
La deformazione in griffe è solo di natura funzionale e non vi sono danni o dismorfismi anatomici.
Il dito può essere raddrizzato passivamente e il quadro clinico è ancora potenzialmente ancora reversibile.
Dito a martello di grado importante
Se sono presenti danni o dismorfismi anatomici, allora la situazione è più compromessa e difficilmente reversibile.
In questi casi, per esempio, l'apparato tendineo e legamentoso può aver subito lacerazioni o retrazioni permanenti e le ossa possono essere andate incontro a deformazioni per cui il ritorno alla normalità è parzialmente compromesso.
In questi casi il dito a mertello non è raddrizzabile neanche forzando e alle dita a martello è spesso associato un alluce valgo che è spesso il risultato della medesima situazione funzionale, al punto che non è possibile correggere le une senza intervenire anche sull'altro.
Diagnosi
La diagnosi di dito a martello del piede si basa innanzitutto su un esame ortopedico obiettivo e sulla presenza dei segni e dei sintomi specifici.
Una grande importanza rivestono tuttavia gli esami strumentali poiché, attraverso la diagnostica per immagini, è possibile accertare la presenza o meno di lesioni a carico dell'apparato tendineo e legamentoso.
Questo genere di informazione è essenziale ai fini terapeutici poiché il piano terapeutico dipende largamente dal livello di integrità del dito o delle dita.
Trattamento
A seconda del livello di integrità del dito a martello o delle dita a martello, il trattamento può essere conservativo o non conservativo.
Nei casi poco gravi, cioè quando l'articolazione è ancora piuttosto integra, flessibile ed è possibile correggere passivamente la flessione del dito, allora generalmente si opta per un trattamento conservativo.
Le soluzioni conservative proposte sono solette anatomiche, calzature morbide, fisioterapia o, eventualmente, terapia antidolorifica farmacologica.
Quando invece la deformità a martello è ormai irriducibile e l'articolazione è gravemente compromessa, allora può essere proposta una soluzione non conservativa cioè chirurgica.
L'intervento chirurgico è generalmente orientato ad allungare i tendini dei muscoli flessori e a raddrizzare il dito: in questi casi, tuttavia, spesso il dito raddrizzato perde la possibilità di tornare a flettersi.
Trattamento osteopatico del dito a martello del piede
Il dito a martello, o dito in griffe, è sempre il risultato di un adattamento funzionale del piede per cui l'Osteopatia rappresenta una valida soluzione.
Nella maggior parte dei casi, infatti, è sempre possibile:
- Migliorare la deambulazione
- Diminuire il dolore
La possibilità di recupero del dismorfismo anatomico, invece, dipende dal livello di gravità della situazione.
In caso di dismorfismi di grado lieve, vale a dire nelle situazioni non croniche e nei casi in cui non siano presenti lesioni capsulari, tendinee o legamentose, allora è talvolta possibile un ritorno ad una situazione fisiologica delle dita talvolta anche significativa.
Nel caso invece di situazioni croniche e maggiormente compromesse, allora una completo ritorno alla normalità rappresenta un obiettivo più difficilmente perseguibile.
In ogni caso, anche nelle situazioni più ostiche, andare a eliminare le componenti restrittive del piede porta sempre indubbi vantaggi, se non completamente sotto il profilo estetico e anatomico, quanto meno su quello sintomatico e funzionale.
Anche perché attraverso l'intervento osteopatico non si lavora esclusivamente sul dito o sulle dita a martello ma si effettua una revisione completa del piede e dell'arto inferiore.
L'efficacia del trattamento osteopatico, infatti, dipende proprio dal fatto che la tecnica osteopatica non prevede solo un intervento specialistico sulle dita a martello, cioè sui settori direttamente interessati, ma prende anche in considerazione la situazione funzionale di tutto l'arto inferiore.
Vediamo a seguire la modalità di intervento osteopatica.
Adattamenti osteopatici cranio-sacrali
Un primo fondamentale settore oggetto di interesse osteopatico è il sistema cranio-sacrale.
A partire dagli adattamenti funzionali della base del cranio, infatti, originano catene tensive discendenti che si scaricano sull'osso sacro in maniera molto diretta.
Soprattutto i quadranti posteriori del cranio (zona occipito-temporale) sono direttamente responsabili degli adattamenti del sacro ma in generale la revisione osteopatica si estende a tutte le sezioni craniali, comprese le ossa della faccia.
Gli adattamenti dinamici del sacro comportano l'innesco di meccanismi di compenso a livello dell'arto inferiore e quindi del piede.
Pertanto, se non si rimuovono gli adattamenti cranio-sacrali all'origine della catena disfunzionale, qualsiasi correzione a valle risulta inutile poiché gli adattamenti funzionali dell'arto inferiore e del piede tenderanno a ristrutturarsi.
La correzione osteopatica degli adattamenti cranio-sacrali è fondamentale e deve essere assolutamente effettuata: molte metodiche riabilitative falliscono proprio per il mancato intervento a livello cranio-sacrale.
Adattamenti osteopatici del bacino
A partire dal bacino origina l'arto inferiore per cui i disordini funzionali a livello del bacino comportano un compenso sull'arto inferiore e sul piede.
È quindi necessario, prima di effettuare correzioni a livello del piede, verificare ed eventualmente ristabilire la buona funzionalità del bacino.
Uno dei settori maggiormente interessati dalla presenza di adattamenti funzionali è rappresentato dal gruppo di muscoli extrarotatori dell'anca, un grosso complesso muscolare situato in profondità del gluteo responsabile sia dell'extrarotazione che della stabilità generale dell'anca.
Le tensioni di questo gruppo di muscoli, a cui appartiene per esempio il muscolo piriforme, sono sempre responsabili di disequilibri dinamici dell'arto inferiore, per esempio dando origine a una extrarotazione del femore in caso di contratture o una intrarotazione in caso di deficit.
In queste condizioni il piede non potrà che adattarsi di conseguenza sviluppando tensioni interne di compenso.
Anche il pavimento pelvico è spesso fonte di problemi poiché gli adattamenti funzionali a questo livello provocano tensioni interne al bacino che tendono a scendere in basso.
A questo proposito è utile notare che anche gli adattamenti dinamici dei visceri del piccolo bacino, in particolare vescica, possono creare problemi funzionali talvolta di notevole entità.
Adattamenti osteopatici dell'arto inferiore
L'arto inferiore deve essere naturalmente revisionato in toto, a cominciare dall'alto e scendendo verso il basso.
La coscia fa riferimento ai muscoli più potenti dell'organismo, cioè i muscoli glutei e il muscolo quadricipite femorale, vale a dire i principali muscoli antigravitari.
Contratture di questi gruppi muscolari, va da sé, creano problemi non indifferenti poiché costringono la gamba, cioè il segmento dell'arto inferiore al di sotto del ginocchio, ad adattarsi di conseguenza.
Anche il gruppo muscolare postero-mediale, che comprende i muscoli adduttori e ischio-crurali, è spesso chiamato in causa in questi casi anzi, in caso di problematiche podaliche, le catene posteriori sono addirittura maggiormente coinvolte rispetto a quelle anteriori.
Ma soprattutto deve essere revisionata la gamba, cioè il tratto sotto il ginocchio, poiché da qui partono i muscoli estensori e flessori delle dita del piede.
Il muscolo flessore lungo delle dita origina anteriormente fra tibia e perone mentre il muscolo estensore lungo delle dita origina posteriormente, sempre fra tibia e perone.
Questi muscoli flettono ed estendono le ultime quattro dita del piede, cioè tutte le dita a parte l'alluce che presenta muscoli propri.
I tendini dei muscoli flessore ed estensore lungo presentano, nella loro inserzione digitale, un collegamento di natura anatomica rappresentato dai muscoli lombricali.
I muscoli lombricali originano dai quattro tendini del muscolo flessore lungo e terminano sulle quattro prime falangi e in parte sul sistema tendineo estensore di ciascun dito.
L'equilibrio del sistema dei muscoli flessore lungo, estensore lungo e lombricali gioca un ruolo determinante nella genesi del dito a martello.
Adattamenti osteopatici del piede
Il piede presenta numerosi muscoli intrinseci che, insieme ai muscoli estrinseci visti sopra, costituiscono un complesso sistema funzionale integrato.
Nello specifico, le ultime quattro dita del piede (quindi ad esclusione dell'alluce) presentano un sistema muscolo tendineo integrato molto particolare costituito dal muscolo flessore breve delle dita, i muscoli interossei, i muscoli lombricali e il muscolo estensore breve delle dita.
Come già esposto nelle sezioni precedenti, i muscoli interossei e lombricali flettono l'articolazione metatarso-falangea ed estendono le articolazioni interfalangee.
Questo significa che un deficit funzionale di questi specifici muscoli faccia sì che le dita subiscano gli effetti incontrollati dei potenti muscoli flessori ed estensori.
In questo modo l'articolazione metatarso-falangea va in estensione e l'articolazione interfalangea prossimale va in flessione: il risultato è lo sviluppo di un dito a martello.
Il lavoro osteopatico specifico a livello del piede, pertanto, è quindi orientato soprattutto sulla muscolatura interossea e quindi soprattutto a livello dell'avampiede sia dorsalmente che sotto la pianta.
Naturalmente anche le dita devono essere trattate poiché esse sono circondate dal sistema tendineo dei muscoli sopra citati.
In particolare è soprattutto necessario verificare la presenza di tensioni lateralmente alla prima e alla seconda falange, cioè in prossimità delle inserzioni interossee e lombricali.
Naturalmente in questo contesto il piede deve essere revisionato in toto, per esempio non è possibile non revisionare anche l'alluce, la fascia plantare, le articolazioni della caviglia e tutti gli altri settori.
A fine trattamento, quindi, non solo le dita in griffe ma tutte le sezioni del piede devono essere perfettamente riequilibrate da un punto di vista funzionale.
Casi reali
Riferisco il caso di una Paziente di 65 anni con dita del piede destro a martello da circa un decennio.
Questa Paziente, portatrice di tacchi alti per anni, ha sempre sofferto di dolore ai piedi, in particolare al piede destro che presentava, oltre che il secondo, terzo e quarto dito a martello, anche un alluce valgo.
Il problema si è quindi sviluppato nel corso degli anni in maniera progressiva ma, a partire dall'ultimo decennio, si era trasformato in un motivo di semi-invalidità poiché la Paziente aveva sviluppato problemi di deambulazione e dolore al piede soprattutto in stazione eretta.
Le dita mediane del piede destro, in particolare, avevano assunto una conformazione a martello ed erano sede di forti dolori oltre che origine di un dolore diffuso a tutto il piede destro.
Dalle indagini radiografiche le prime falangi erano parzialmente lussate verso l'alto per cui era presente una lesione dell'apparato legamentoso di una certa entità.
La Paziente portava solette anatomiche confezionate su misura e periodicamente si sottoponeva a cicli fisioterapici mentre, nelle fasi maggiormente acute, faceva uso di farmaci antidolorifici.
Questa Paziente è giunta all'Osteopatia su consiglio del Podologo il quale, in una delle ultime visite, aveva riscontrato un disallineamento del bacino e della colonna.
All'esame osteopatico la Paziente era completamente disallineata su tutto il lato destro.
L'adattamento funzionale originava a livello craniale e si sviluppava in disceda fino al bacino e al piede: del resto la Paziente soffriva periodicamente di lombosciatalgia destra che tuttavia non aveva mai associato al problema del piede.
Il ciclo osteopatico si è svolto in cinque sedute distribuite in tre mesi e suddivise in due fasi.
In una prima fase, costituita da tre sedute in circa un mese, è stato effettuato un primo lavoro di sgrossamento della situazione generale seguito da un lavoro specifico sul piede.
Al termine di questo iter la Paziente è andata incontro ad una prima fase di riequilibrio che ha portato ad una parziale remissione del dolore al piede destro, oltre che ad un miglioramento generale della mobilità e a una sensazione di benessere generale.
Le restanti due sedute, effettuate dopo circa un mese dall'ultima seduta, sono state incentrate unicamente sul piede allo scopo di sciogliere le contratture residue e riequilibrare la dinamica plantare in maniera ottimale.
Al termine del secondo ciclo la situazione è ulteriormente migliorata poiché il dolore al piede è praticamente scomparso.
La deformazione in griffe non è rientrata completamente, considerata la situazione iniziale, ma il piede complessivamente si è molto ammorbidito, non ha più presentato dolore ed ha riacquisito una buona funzionalità.
Soprattutto la Paziente ha riacquistato una piena autonomia motoria, fattore non trascurabile dal momento che vive sola.