Riabilitazione protesi d'anca
Osteopatia Genova

Lo Studio di Osteopatia di Paolo Saccardi offre un servizio di riabilitazione dopo l'intervento di protesi d'anca.

L'intervento osteopatico è sempre necessario al fine di riacquisire una piena funzionalità articolare.

L'Osteopatia riesce infatti a risolvere quei problemi funzionali ancora presenti che spesso sono alla base del deteriormento dell'anca e che continuano a creare problemi alla zona dell'anca anche dopo l'intervento.

Il trattamento osteopatico è quindi sempre indicato, ma a maggior ragione quando il dolore continua a persistere dopo l'intervento nonostante la riabilitazione fisioterapica.

Cenni anatomici

L'articolazione coxo-femorale, o articolazione dell'anca, è l'articolazione più grande e più robusta dell'intero organismo.

Questo importante giunto articolare unisce l'osso dell'anca, cioè il bacino, al femore, cioè all'arto inferiore e consente alla coscia di muoversi rispetto al bacino.

Anca, Osteopatia Genova
L'articolazione dell'anca
Testut-Latarget, Anatomia Umana
UTET, Vol.I, pag.631

L'osso dell'anca presenta una concavità detta acetabolo mentre il femore presenta una superficie sferica detta testa del femore.

Le due superfici articolari, acetabolo e testa, sono rivestite da cartilagine articolare.

Le due parti si incastrano l'una nell'altra in modo tale che la testa del femore ruota dentro l'acetabolo consentendo all'arto inferiore di muoversi lungo tutti i piani e gli assi.

I due elementi ossei, a livello del giunto articolare presentano una capsula articolare costituita da una capsula sinoviale interna e da una capsula fibrosa esterna.

La capsula sinoviale è a diretto contatto con le superfici articolari e produce liquido sinoviale, una sorta di lubrificante che favorisce lo scorrimento delle due cartilagini articolari.

La capsula fibrosa è rinforzata da potenti legamenti, cioè nastri fibrosi che connettono il bacino al femore e limitano i movimenti dell'articolazione.

Infine l'articolazione dell'anca è circondata da numerosi muscoli che ne consentono i movimenti e, al tempo stesso, contribuiscono in maniera determinante alla sua stabilità

Come si arriva alla protesi d'anca

L'intervento di protesi d'anca è finalizzato a sostituire l'articolazione coxo-femorale con una struttura artificiale, detta protesi, che offre le medesime prestazioni meccaniche dell'articolazione originaria.

L'intervento di protesi all'anca viene effettuato quando l'articolazione coxo-femorale è gravemente danneggiata, cioè presenta un livello di danneggiamento tale da impedire lo svolgimento delle normali funzioni.

Il danno articolare può derivare da un trauma diretto, come per esempio un incidente, o da problemi patologici (necrosi della testa del femore), ma, nella maggior parte dei casi, dipende da un deterioramento progressivo dell'articolazione che avviene nel corso del tempo.

I Pazienti avviati all'intervento di protesi d'anca presentano quindi quadri anamnestici abbastanza simili, generalmente caratterizzati da una lunga storia clinica di problemi all'anca.

Nella maggior parte dei casi questi Pazienti soffrono di problemi all'anca da anni e, nel corso del tempo, hanno visto peggiorare la situazione in maniera progressiva.

Spesso l'esordio è subdolo e talvolta il problema presentato rappresenta più un fastidio che un dolore, al punto che, nelle fasi iniziali, in alcuni casi si osservano addirittura periodi di remissione del dolore e il Paziente attraversa periodi apparentemente asintomatici.

Tuttavia nel corso del tempo il problema all'anca tende a peggiorare riproponendosi in maniera sempre più aggressiva, sia in termini di intensità che di frequenza.

Questi Pazienti vengono quindi avviati a percorsi di riabilitazione, normalmente strutturati in cicli di dieci sedute fisioterapiche, durante le quali vengono somministrati trattamenti sia manuali che strumentali.

In aggiunta vengono loro prescritte terapie antidolorifiche al fine di contenere l'intensità dei sintomi nei momenti di maggior acutezza e consentire per lo meno la possibilità di lavorare.

Il dolore all'anca, tuttavia, tende comunque progressivamente ad aumentare per cui in ogni caso questi Pazienti vedono man mano ridurre le proprie possibilità motorie e spesso sono costretti ad abbandonare le proprie abitudini.

Per questo motivo, spesso questi Pazienti si rivolgono a soluzioni alternative, fra cui anche l'Osteopatia, ma, quando la situazione anatomica è ormai irrecuperabile, l'intervento di protesi è pressoché inevitabile.

Solitamente i fattori che spingono il Paziente a operarsi sono:

Che cosa è la protesi d'anca

Esistono due tipologie di protesi d'anca:

Protesi d'anca
La protesi d'anca

La scelta del tipo di protesi viene effettuata dal chirurgo sulla base delle condizioni cliniche del Paziente.

L'accesso all'anca generalmente è laterale, nel senso che viene effettuata un'incisione all'altezza del trocantere e l'intervento dura circa un'ora.

Le parti strutturali della protesi sono normalmente in ceramica anche se talvolta sono utilizzati particolari leghe metalliche o materiali plastici.

In base alla modalità di fissaggio dell'acetabolo all'osso dell'anca la protesi può essere cementata o non cementata. L'utilizzo del cemento non è consigliato nei Pazienti in sovrappeso o nei Pazienti dinamici.

La protesi dura 15 o anche 20 anni per cui è preferibile intervenire su Pazienti non eccessivamente giovani.

Generalmente l'intervento è molto ben sopportato dai Pazienti, anche perché attualmente le tecniche chirurgiche hanno un impatto minore rispetto al passato: i Pazienti non necessitano quasi mai di tubi di drenaggio, le cicatrici non prevedono punti di sutura e i tempi di allettamento sono notevolmente diminuiti.

La riabilitazione fisioterapica

Il recupero post operatorio è generalmente molto rapido.

I primi due giorni il Paziente è ancora allettato per cui la fisioterapia è effettuata a letto ed è finalizzata soprattutto a controllare il dolore, limitare la formazione di trombi e preparare il Paziente alla verticalizzazione.

Nei giorni successivi e per tutta la prima settimana il Paziente è già in grado di alzarsi per cui viene istruito sull'uso delle stampelle e gli vengono insegnate le corrette modalità per effettuare i passaggi posturali.

Successivamente vengono consigliati esercizi di rinforzo muscolare, esercizi propriocettivi ed esercizi finalizzati alla rieducazione dello schema del passo.

In ogni caso nell'arco di un mese la riabilitazione generalmente si conclude nel senso che i Pazienti tendono a ritornare rapidamente ad una vita normale.

Perché l'intervento osteopatico

Per capire l'importanza e il significato dell'intervento osteopatico, è necessario inquadrare il problema in una prospettiva più ampia, cercando cioè di capire quali sono le cause del deterioramento dell'anca e come l'Osteopatia riesce a intervenire su tali cause.

Perché l'anca si deteriora

È necessario focalizzare l'attenzione sul fatto che il deterioramento progressivo dell'anca, nella maggior parte dei casi, dipende dalla presenza di disfunzioni meccaniche a livello del bacino.

In altri termini, l'anca lavora male e, nel corso del tempo, si logora.

In realtà, nella maggior parte dei casi, l'articolazione dell'anca non presenta problemi disfunzionali in sé ma piuttosto l'anca è vittima della situazione al contorno.

Innanzitutto sono quasi sempre presenti adattamenti funzionali a livello delle articolazioni sacro-iliache, cioè le articolazioni fra l'osso sacro e l'osso dell'anca.

L'osso dell'anca, cioè, presenta quasi sempre difficoltà dinamiche a monte e tali difficoltà si trasmettono all'articolazione coxo-femorale, oltre che alla sinfisi pubica.

Inoltre sono sempre presenti adattamenti muscolo-fasciali a livello del bacino, come contratture muscolari o tensioni delle fasce muscolari: i gruppi muscolari coinvolti sono praticamente tutti.

Muscoli glutei ed extrarotatori dell'anca
I muscoli glutei ed extrarotatori dell'anca

Il gruppo dei muscoli glutei presenta sempre una quantità piuttosto cospicua di contratture profonde e focali: questo significa che le porzioni muscolari contratte sono solitamente esigue ma numerose e localizzate in profondità.

In particolare i muscoli medio e piccolo gluteo sono sempre molto interessati dalla presenza di contratture.

Anche i muscoli extra-rotatori sono sempre coinvolti: questi muscoli sono il muscolo piriforme, il muscolo otturatore interno con i gemelli, il muscolo otturatore esterno e il muscolo quadrato del femore.

I muscoli extra-rotatori sono largamente responsabili di eventuali squilibri meccanici dell'anca e le loro contratture sono spesso causa di dolore profondo all'anca.

Un ruolo fondamentale nella genesi del dolore all'anca ha quasi sempre il muscolo ileo-psoas.

Il muscolo ileo-psoas
Il muscolo ileo-psoas

Questo muscolo è costituito da due grossi ventri che originano dalla zona lombare (muscolo psoas) e dall'interno dell'osso dell'anca (muscolo iliaco). I due ventri si riuniscono inserendosi sul piccolo trocantere del femore, in prossimità dell'articolazione dell'anca.

Le tensioni del muscolo ileo-psoas, in considerazione delle dimensioni di tale muscolo, destabilizzano moltissimo l'anca e sono spesso causa di disfunzioni dinamiche.

Ancora il gruppo dei muscoli adduttori, in considerazione del volume complessivo di tale massa muscolare, ha un ruolo importante nella genesi di adattamenti disfunzionali.

Muscoli adduttori dell'anca
I muscoli adduttori dell'anca

Non solo il grande adduttore ma anche gli elementi brevi (muscolo pettineo) e lunghi (muscolo gracile) hanno spesso un ruolo decisivo nei problemi dell'anca.

Anche i muscoli ischio-crurali, cioè i muscoli posteriori della coscia, sono spesso causa di problemi coxo-femorali, dando generalmente componenti tensive posteriori e causando sintomatologie posteriori, spesso come un chiodo piantato nella piega glutea.

Aggiungiamo ancora il muscolo retto del femore, in posizione anteriore, che origina a livello dell'acetabolo e transita proprio davanti alla testa del femore.

Infine bisogna considerare i muscoli del pavimento pelvico e gli organi del piccolo bacino, soprattutto la vescica, le cui tensioni si riflettono sull'anca.

Tutti gli elementi descritti possono trasformarsi in fonte di problemi per l'anca anche perché molto spesso, per motivi di compenso, tali disfunzioni non si presentano in maniera isolata.

Questo significa che se, per esempio, è presente una contrattura del compartimento extra-rotatore, automaticamente si creerà una contrattura di compenso a livello del compartimento intra-rotatore.

In questo modo l'anca si trova facilmente imbrigliata in una rete di tensioni complessivamente molto limitanti, è soggetta a componenti compressive enormi e di conseguenza lavora in maniera meccanicamente sfavorevole.

La persistenza di una situazione del genere, nel corso del tempo, finisce inevitabilmente per logorare le cartilagini articolari, costantemente soggette a pressioni straordinarie.

L'importanza del trattamento osteopaico

L'elenco dei vari fattori potenzialmente causa di disfunzione è stato effettuato in maniera volutamente esplicita e dettagliata proprio per mettere in luce la reale dimensione del problema.

Di fatto chi arriva a un intervento di protesi d'anca, molto spesso presenta quadri disfunzionali di questa portata.

Con l'intervento di protesi d'anca di fatto si sostituisce l'anca ormai deteriorata ma né l'intervento chirurgico né la riabilitazione fisioterapica standard rimuovono questa enorme quantità di disfunzioni che continuano a rimanere attive.

Questo spiega, per esempio, come a volte in seguito a un intervento scompaia il dolore all'anca ma insorga un dolore lombare o un dolore al ginocchio.

In alcuni casi addirittura il dolore all'anca continua a persistere: naturalmente non è più l'anca a dolere, dal momento che non c'è più, ma gli elementi al contorno che sono ancora sotto tensione.

Ma anche quando l'anca sembra apparentemente "guarita" non significa che la situazione al contorno sia risolta poiché le grandi tensioni ancora presenti prima o poi troveranno altre vie di sfogo.

Bisogna infatti considerare che se si arriva a un intervento di protesi, un quadro disfunzionale attivo è sempre presente e anche di una certa entità.

Alla luce di quanto esposto, appare evidente che l'Osteopatia non ha solo un valore terapeutico ma ha anche un grande valore preventivo: correggere per tempo quadri adattativi come quelli descritti in precedenza potrebbe ridurre in maniera significativa la possibilità di arrivare a un intervento di protesi.

Vediamo a seguire come, attraverso l'Osteopatia, sia possibile ridurre questa enorme mole di tensioni collaterali e riacquisire una funzionalità articolare normale.

Il trattamento osteopatico

Il trattamento osteopatico ha i seguenti obiettivi:

Per i motivi sopra esposti l'intervento chirurgico e la riabilitazione fisioterapica standard non sempre riescono a raggiungere in pieno tali obiettivi poiché né l'uno né l'altra riescono a rimuovere il quadro disfunzionale alla base.

L'Osteopatia ha invece il vantaggio di riuscire a risolvere il problema a monte, poiché possiede un bagaglio tecnico che permette di normalizzare gli adattamenti meccanici ancora presenti.

Vediamo a seguire la modalità di intervento osteopatica in caso di protesi d'anca.

Adattamenti osteopatici cranio-sacrali

Uno dei principali settori oggetto di indagine funzionale è il sistema cranio-sacrale.

Gli adattamenti della base del cranio, infatti, si riflettono direttamente sull'osso sacro dando origine a tensioni in grado di compromettere la normale mobilità di questo osso.

Come conseguenza anche la dinamica delle due ossa dell'anca risulterà alterata poiché se, per esempio, una base sacrale risulterà ruotata anteriormente, l'ala iliaca corrispondente dovrà ruotare posteriormente e anche l'ala iliaca opposta dovrà adattarsi di conseguenza.

In questo modo tutto l'assetto del bacino risulta scompensato.

La testa del femore, che si inserisce nell'acetabolo dell'osso dell'anca, sarà necessariamente dislocata poiché si troverà in una posizione, per esempio, posteriore rispetto alla normalità e anche tutta la muscolatura dell'anca si adatterà ad una situazione non fisiologica.

La sostituzione dell'anca con una protesi non elimina questo tipo di scompenso che rimane attivo anche dopo l'intervento chirurgico.

In questi casi la correzione osteopatica della base del cranio restituirà armonia a tutto il bacino e favorirà lo scioglimento delle contratture e delle tensioni circostanti all'anca.

Adattamenti osteopatici lombari

Il tratto lombare presenta un grande interesse nei confronti dell'anca poiché da qui origina il muscolo grande psoas che si inserisce sul piccolo trocantere del femore.

Il muscolo grande psoas, unendosi al muscolo iliaco del bacino, dà origine al muscolo ileo-psoas, un muscolo complessivamente molto potente che ha la funzione di flettere ed extraruotare il femore.

Gli adattamenti osteopatici del tratto lombare possono creare tensioni a livello del muscolo grande psoas portando così tensioni all'anca in maniera molto diretta.

Per esempio un adattamento in rotazione di una vertebra lombare, magari generata da una contrattura della muscolatura paravertebrale o diaframmatica, rappresenta un meccanismo disfunzionale piuttosto frequente.

In questi casi, per scaricare l'anca, è necessario agire a livello lombare ed effettuare le opportune correzioni.

Adattamenti osteopatici del bacino

Il bacino rappresenta naturalmente l'epicentro del problema, dal momento che l'anca si trova proprio a questo livello.

Abbiamo già visto come le articolazioni sacro-iliache possano dipendere da adattamenti della base del cranio.

Oltre a questo il bacino può presentare adattamenti intrinseci, soprattutto di natura muscolo-fasciale.

I muscoli piriforme e otturatore interno, con annessi i muscoli gemelli, rappresentano un'altra potenziale fonte di problemi.

Questi muscoli si inseriscono infatti sul grande trocantere del femore per cui le loro contratture tendono a comprimere la testa del femore contro l'acetabolo generando uno stato di compressione permanente sulle cartilagini articolari.

Anche le contratture dei muscoli piccolo e medio gluteo possono generare compressioni sulla testa del femore che tuttavia agiscono su assi differenti rispetto ai muscoli precedenti.

Le contratture di questi muscoli sono facilmente rilevabili poiché sono molto dolorose alla pressione sulle parti laterali dell'anca.

Anche il muscolo grande gluteo è potenziale fonte di problemi, a causa della grande forza che è in grado di esprimere.

Infine non deve essere sottovalutato il pavimento pelvico, costituito dal muscolo elevatore dell'ano e da muscoli minori annessi, le cui contratture possono irrigidire tutto il bacino impedendo a sacro e coccige di fluttuare liberamente.

Tutti questi adattamenti disfunzionali vengono ridotti e normalizzati attraverso le tecniche osteopatiche.

Adattamenti osteopatici dell'arto inferiore

I muscoli dell'arto inferiore, in particolare della coscia, sono muscoli molto potenti che in grande maggioranza originano dal bacino, per cui le contratture di questi muscoli possono facilmente destabilizzare l'anca.

I muscoli ischio crurali, cioè i muscoli posteriori, originano dalla zona ischiatica e si inseriscono sulla tibia e sul perone per cui eventuali contratture a questo livello creano una componente compressiva notevole a livello della testa del femore che rimane letteralmente compressa contro l'acetabolo.

Anche i muscoli adduttori, anch'essi molto potenti, possono trasformarsi in una causa di compressione, soprattutto nei movimenti in abduzione, cioè quando la gamba viene spostata lateralmente.

Ancora il muscolo retto del femore, uno dei ventri del muscolo quadricipite, può creare una tensione anteriore.

Anche in questo caso le tecniche osteopatiche permettono di sciogliere tali tensioni e decomprimere l'acetabolo.

Adattamenti osteopatici viscerali

L'anca può essere influenzata anche da adattamenti viscerali, in particolare per quanto riguarda il rene e la vescica.

Il rene è localizzato a livello lombare, in profondità, e contrae rapporti diretti con il muscolo grande psoas.

Eventuali adattamenti del rene, per esempio un'adesione alla fascia dello psoas, possono causare deficit funzionali a livello di tale ventre muscolare con le conseguenze già esposte in precedenza.

Per quanto riguarda la vescica, tale organo è localizzato a livello del piccolo bacino ed è in stretto rapporto con il pavimento pelvico.

Gli adattamenti funzionali della vescica possono generare tensioni interne al piccolo bacino dando origine a limitazioni funzionali.

I visceri hanno un'influenza riflessa sulla struttura muscolo scheletrica: in parole semplici il corpo, per non rovinare il viscere in stato di tensione, crea limitazioni funzionali al suo contorno.

Attraverso le tecniche osteopatiche è possibile ripristinare la corretta mobilità alle strutture viscerali andando così a liberare le strutture muscolo scheletriche ad essi connesse.

Casi reali

Riferisco il caso di un Paziente di 65 anni sottoposto a intervento di protesi d'anca circa sei mesi prima della consultazione osteopatica.

Questo Paziente, caratterialmente molto attivo, proveniva da un lungo periodo di problemi all'anca.

Tale situazione era stata per lui molto frustrante poiché il dolore era giunto a impedire il normale svolgimento dell'attività sportiva, condotta a livello amatoriale ma importante per sé stesso da un punto di vista generale.

Questo Paziente, refrattario al riposo, non era riuscito a risolvere il problema con i mezzi conservativi tentati per cui era giunto alla soluzione chirurgica.

L'intervento di protesi aveva portato a un grande miglioramento dal momento che, nel giro di poche settimane, il Paziente era stato nuovamente in grado di effettuare breve tratti di corsa.

Il successo dell'intervento era stato accolto naturalmente con grande entusiasmo ma, dopo circa un paio di mesi, il dolore all'anca era nuovamente comparso e il Paziente aveva nuovamente dovuto interrompere ogni attività.

Questa ricaduta ha avuto un impatto psicologico devastante poiché questa persona aveva avuto la percezione di veder sfumare qualsiasi speranza di tornare a condurre una vita normale.

Giunto all'Osteopatia su consiglio di conoscenti, è il Paziente stato sottoposto a una valutazione da cui emergeva un quadro funzionale completamente compromesso.

Ridotte le disfunzioni e normalizzata la situazione, il dolore all'anca è completamente scomparso.

Inoltre l'intero arto inferiore ha avuto guadagni da un punto di vista dell'espressione della forza muscolare e della libertà articolare.

Il ciclo di trattamenti si è svolto in quattro sedute in sei settimane e il guadagno è rimasto stabile anche a distanza di qualche mese, come è stato possibile verificare.

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