Necrosi della testa del femore
Osteopatia Genova

Lo Studio di Osteopatia di Paolo Saccardi tratta la necrosi della testa del femore.

L'Osteopatia può essere utile soprattutto per due motivi:

In molti casi, infatti, al fenomeno necrotico si associano adattamenti osteopatici che ne peggiorano il quadro clinico.

Cenni anatomici

L'articolazione dell'anca è un giunto anatomico fra l'osso dell'anca, conformato a conca (acetabolo), e la testa del femore, conformata a sfera: l'una ruota dentro l'altro.

La testa del femore è vascolarizzata dal sistema delle arterie circonflesse, due archi arteriosi derivanti entrambi dall'arteria femorale.

La testa del femore
La vascolarizzazione della testa del femore

L'arteria circonflessa mediale transita intorno al collo anatomico del femore, cioè fra testa e trocantere, fra i muscoli ileo psoas e pettineo.

L'arteria circonflessa laterale circonda invece il collo chirurgico del femore e transita in prossimità dei muscoli retto del femore e sartorio.

La testa del femore riceve un ulteriore ramo, derivante dall'arteria acetabolare, che penetra nell'incisura foveale della testa del femore ma tale ramo è spesso obliterato nell'adulto e non rappresenta una via di approvvigionamento significativa.

Pertanto le arterie che maggiormente contribuiscono alla vascolarizzazione della testa del femore sono le arterie circonflesse.

Cosa è la necrosi della testa del femore

La necrosi della testa del femore viene innanzitutto denominata con diverse espressioni:

Si tratta di una patologia caratterizzata dalla necrotizzazione del tessuto osseo della testa del femore.

Questa affezione rappresenta una condizione clinica statisticamente abbastanza frequente, colpisce prevalentemente i maschi fra i 40 e i 50 anni e, nella metà dei casi, si presenta in maniera bilaterale.

Cause

In alcuni casi il deficit vascolare della testa del femore ha una causa identificata. Le principali cause note sono:

Nel 10 – 20% dei casi, invece, non esiste una causa evidente per cui, in questi casi, vengono definite necrosi idiopatiche.

Segni e sintomi

Il sintomo principale è il dolore che ha spesso un esordio improvviso.

Il dolore è riferito all'inguine, è generalmente irradiato alla faccia anteriore o interna della coscia e più raramente al gluteo.

Il dolore si manifesta maggiormente sotto sforzo oppure durante la deambulazione ma è comunque presente anche a riposo.

Diagnosi

Dal momento che la sintomatologia della necrosi della testa del femore è piuttosto aspecifica, assumono una grande importanza gli esami strumentali e di laboratorio. Al fine di identificare con esattezza la presenza di una necrosi avascolare.

I principali esami utili a questo scopo sono radiografia (RX), risonanza magnetica nucleare (RMN), scintigrafia ossea, MOC, esami di laboratorio, ecc.

Soprattutto è necessario effettuare una diagnosi differenziale efficace al fine di non confondere una necrosi della testa del femore con:

Terapia

La terapia della necrosi della testa femorale varia in base allo stadio della patologia.

Nei casi meno gravi generalmente si opta per una terapia conservativa che generalmente è basata sul controllo del dolore e sulla stimolazione al ripristino tissutale.

Le principali terapie conservative proposte sono pertanto:

Nei casi più gravi si può arrivare alla terapia chirurgica finalizzate a due scopi:

Trattamento osteopatico della necrosi della testa del femore

La necrosi della testa del femore rappresenta un problema vascolare e non funzionale ma, in questi casi, è sempre comunque possibile riscontrare, oltre che problemi vascolari, anche la presenza di adattamenti osteopatici.

Tali adattamenti non rappresentano la causa del problema ma aumentano l'intensità del dolore e dei sintomi in generale.

Per questo motivo l'Osteopatia rappresenta comunque uno strumento utile a diminuire il dolore e comunque alleggerire la componente funzionale creando peraltro anche le condizioni per favorire, entro certi limiti, il recupero vascolare, per lo meno quando possibile, nei casi meno gravi.

Oltre a questo, l'Osteopatia è indicata anche per il recupero post chirurgico.

In realtà, indipendentemente dal fatto che il Paziente venga o meno sottoposto a intervento chirurgico, il trattamento osteopatico di base non cambia, poiché è comunque orientato agli adattamenti periferici dell'articolazione coxo-femorale.

L'unica differenza è che, in caso di intervento chirurgico, è necessario effettuare, oltre al trattamento di base, anche un trattamento cicatriziale.

Vediamo a seguire come l'Osteopata interviene in caso di necrosi della testa del femore.

Adattamenti osteopatici cranio-sacrali

Da un punto di vista osteopatico il sistema cranio-sacrale deve essere trattato in via prioritaria.

A partire dagli adattamenti dinamici della base del cranio, infatti, si sviluppano catene adattative discendenti in grado di condizionare la mobilità dell'osso sacro e quindi del bacino.

Il problema è che, se tali adattamenti non vengono destrutturati, continuano a persistere provocando un disturbo permanente alla mobilità dell'anca e delle strutture al contorno.

L'influenza del cranio è molto potente, al punto che l'insuccesso di molti approcci riabilitativi dipende proprio dal mancato trattamento del sistema cranio-sacrale.

È necessario controllare quindi la base del cranio, cioè l'osso sfenoide, le ossa temporali e l'occipite, la volta cranica, costituita dalle squame delle grandi ossa piatte, e il massiccio facciale.

In ultima analisi è necessario verificare la piena libertà delle articolazioni sacro-iliache, scopo finale del trattamento craniale.

Adattamenti osteopatici del bacino e dell'anca

Una volta assicurata la libertà sacro-iliaca, è necessario procedere a ispezionare il bacino localmente.

È necessario considerare che i fasci vascolo nervosi, in generale, transitano fra i muscoli per cui una contrattura muscolare, a seconda della situazione, può effettivamente creare strozzamenti in grado di perturbare il regolare afflusso di sangue alle strutture irrorate.

Nello specifico, le tensioni sul legamento inguinale possono innanzitutto infastidire l'arteria femorale, a partire da cui originano le arterie circonflesse destinate alla testa del femore.

Inoltre le contratture dei muscoli profondi dell'anca vanno a perturbare, in particolare, il flusso ematico dell'arteria circonflessa mediale.

Quindi non solo il gruppo dei muscoli addominali e il legamento inguinale ma anche e soprattutto i muscoli profondi dell'anca, a cominciare dal muscolo piriforme, devono essere completamente revisionati.

Una nota a parte merita il pavimento pelvico, vale a dire il piano muscolo-fibroso che chiude inferiormente il bacino.

Questa struttura è direttamente collegata all'articolazione dell'anca, per esempio attraverso i muscoli otturatori, per cui eventuali contratture a questo livello si ripercuotono sull'anca in maniera diretta.

Ricordiamo che l'arteria acetabolare, diretta alla testa del femore, deriva dall'arteria otturatoria per cui tensioni a questo livello possono provocare danni vascolari alla testa del femore, per quanto in misura minore rispetto alle tensioni sulle arterie circonflesse.

Oltre a questo è ancora necessario considerare i visceri del piccolo bacino, in particolare la vescica, che possono presentare tensioni e trasferirle alle strutture circostanti.

Adattamenti osteopatici dell'arto inferiore

L'interesse della muscolatura della coscia è soprattutto legato alle eventuali compressioni sulle arterie circonflesse che portano nutrimento alla testa del femore.

L'arteria circonflessa mediale transita fra il muscolo ileo psoas e il muscolo pettineo, localizzati in prossimità dell'inguine.

L'arteria circonflessa laterale transita invece in prossimità del muscolo sartorio e del muscolo retto del femore, localizzati sulla parte anteriore e laterale del bacino e della coscia.

Il trattamento della zona inguinale, del triangolo di Scarpa e comunque della muscolatura della coscia presenta quindi un grande interesse in caso di necrosi della testa del femore.

È necessario considerare che i muscoli dell'anca spesso partono da distretti anche piuttosto lontani: per esempio il muscolo retto anteriore del femore giunge a inserirsi sulla tibia.

In questo modo è necessario estendere l'indagine a tutto l'arto inferiore, seguendo l'anatomia delle strutture ad essa riferite e le linee di forza delle tensioni muscolari.

L'arto inferiore deve essere quindi revisionato in toto, quindi il compartimento antero-laterale, vale a dire il muscolo quadricipite femorale, e il compartimento postero-mediale.

Adattamenti osteopatici della zona lombare e dell'addome

In considerazione di quanto esposto, è necessario estendere l'indagine anche alla zona lombare e all'addome.

Per quanto riguarda la zona lombare, l'interesse è soprattutto legato alla presenza del muscolo psoas, che da qui origina e che si inserisce a livello del piccolo trocantere del femore, presentando un rapporto diretto con l'arteria circonflessa mediale.

La muscolatura addominale e il legamento inguinale presentano invece un interesse per quanto riguarda il passaggio dell'arteria femorale.

La zona sottodiaframmatica va pertanto trattata con cura, facendo soprattutto attenzione al fatto che molto spesso gli adattamenti funzionali sono localizzati su zone molto esigue ma complessivamente numerose.

Trattamento osteopatico post-operatorio

L'intervento chirurgico non elimina le disfunzioni meccaniche eventualmente presenti per cui, anche in caso di intervento, è comunque fondamentale effettuare una revisione dinamica dell'articolazione coxo-femorale secondo le modalità esposte in precedenza.

In caso di intervento chirurgico, inoltre, è necessario anche trattare il tessuto connettivo che in questi casi viene necessariamente lesionato.

L'Osteopatia, a differenza di altre metodiche, possiede tecniche specifiche per ammorbidire e ripristinare il tessuto connettivo in maniera stabile.

Questo vale soprattutto in caso di protesi d'anca e, in misura minore, in caso di core decompression.

Nel primo caso, infatti, il Paziente riporta sempre una lunga cicatrice lateralmente all'anca mentre, nel secondo caso, riporta solo una piccola cicatrice.

Per quanto riguarda il trattamento della cicatrice, è necessario comprendere che il taglio chirurgico non si limita alla cute ma interessa anche i tessuti in profondità fino all'osso.

Questo significa che l'effetto della manovra riabilitativa deve arrivare in profondità e non può limitarsi alla superficie.

Le tecniche osteopatiche offrono appunto la possibilità di effettuare questo tipo di intervento, andando ad ammorbidire i tessuti non solo superficialmente ma anche profondamente.

Inoltre la tecnica riabilitativa deve essere molto settoriale, nel senso che una manovra esercitata in maniera generica è sempre poco produttiva.

Per esempio se si intende allungare un muscolo contratto è poco produttivo cercare di agire su tutto il ventre muscolare, magari esercitando una trazione generica, mentre è molto più utile individuare le zone focali sottoposte a tensione e agire selettivamente su quelle.

Per quanto riguarda il lavoro cicatriziale, il discorso non cambia, nel senso che è necessario effettuare un'analisi precisa della cicatrice e agire di conseguenza.

Anche in questo caso la tecnica osteopatica rappresenta lo strumento più adatto poiché, per definizione, è sempre estremamente precisa e settoriale.

Il lavoro dell'Osteopata si coordina con il lavoro del Fisioterapista che generalmente si occupa del rinforzo muscolare, della rieducazione al passo e degli aspetti più macroscopici della riabilitazione.

Il lavoro osteopatico non abbrevia di molto i tempi della riabilitazione, nel senso che essi sono prevalentemente vincolati ai tempi biologici di ricostruzione dei tessuti, ma piuttosto garantisce risultati molto migliori rispetto alla sola riabilitazione standard.

Casi reali

Riferisco il caso di un meccanico di 52 anni in attesa di intervento di protesi d'anca per una grave forma di necrosi asettica presente da qualche mese.

Questo Paziente soffriva di dolore all'anca da circa un anno ma l'intensità è andata aumentando nel corso del tempo, nel senso che inizialmente era bassa e poi ma mano sempre più acuta.

Per questo motivo il Paziente inizialmente non ha dato peso alla situazione, cercando di rimediare con mezzi propri e sforzandosi di sopportare il dolore nella speranza che si attenuasse col tempo.

Il Paziente, restio alle terapie per carattere, ha tuttavia incominciato ad attivarsi quando la sintomatologia è diventata più intensa.

La diagnosi di osteonecrosi è arrivata già dai primi esami ma, nelle prime fasi, il Paziente è stato avviato verso un percorso riabilitativo, nel tentativo di conservare l'articolazione.

Nel frattempo però il dolore è diventato insopportabile, al punto che la terapia farmacologica prescritta è risultata inefficace e, vista la gravità della situazione, il Paziente è stato messo in lista di attesa per un intervento di protesi d'anca.

L'intervento avrebbe avuto luogo diverse settimane a seguire ma, nel frattempo, il dolore era così intenso che il Paziente ha tentato in tutti i modi di tamponare temporaneamente la situazione.

Il Paziente si è quindi rivolto all'Osteopatia in condizioni abbastanza disperate, con lo scopo di trovare semplicemente un po' di sollievo in attesa dell'intervento.

All'esame osteopatico questo Paziente presentava un quadro funzionale completamente compromesso a livello del bacino, soprattutto a causa di contratture profonde a livello della muscolatura dell'anca.

In seguito a tre sedute in tre settimane la situazione funzionale e sintomatica ha avuto un miglioramento notevole.

Il dolore all'anca è molto diminuito e anche da un punto di vista della mobilità è stato riscontrato un guadagno importante.

Il Paziente è stato poi comunque operato circa un mese dopo ma è arrivato all'intervento in condizioni sintomatiche eccellenti.

Questa esperienza mette in luce il fatto che, in alcuni casi, la sintomatologia dell'osteonecrosi può essere effettivamente molto aumentata dalla presenza di adattamenti funzionali.

Condividi questo articolo